Covid, scienziato tedesco: «Virus nato da errore in laboratorio a Wuhan, 600 gli indizi»

Covid, scienziato tedesco: «Virus nato da errore in laboratorio a Wuhan, 600 gli indizi»
di Giuliano Pani
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Giovedì 18 Febbraio 2021, 20:08 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 15:43

Il virus proviene da un laboratorio di Wuhan. Parola di ​Roland Wiesendanger, scienziato tedesco, che fornisce di avere le prove in una lunga intervista concessa alla Bild: «Gli indizi forniti dallo stesso virus, oltre che da numerose pubblicazioni, comparse su riviste scientifiche come sui social media, dimostrano che il virus sia stato un incidente di laboratorio». La pandemia del coronavirus sarebbe quindi esplosa per un errore nel laboratorio di Wuhan.

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La tesi dei pipistrelli

Ne è convinto uno scienziato dell'università Amburgo, membro del prestigioso istituto della Leopoldina, che ha raccolto 600 indizi al riguardo.

Della sua ricerca parla la Bild on line, che lo ha intervistato.  Bild dà voce però anche al virologo Bernhard Fleckenstein, dell'università di Erlangen, che richiama le ispezioni dell'Oms - secondo cui è quasi certa l'origine naturale del virus - e dice che «il fisico non può mostrare alcuna concreta sequenza e la sua teoria non è convincente». L'esperto di nanoscienze, da parte sua, spiega di aver pubblicato uno studio fondato su 60 indizi, ma di averne raccolti almeno 600. La «quantità e la qualità di questi indizi», spiega al tabloid, fanno ritenere che il virus Sars-CoV-2 venga da un laboratorio. Fra le spiegazioni addotte, la circostanza che il virus che ha scatenato questa pandemia sia in grado di agganciare le cellule recettive dell'uomo e introdurvisi come non era stato ancora possibile ai coronavirus finora noti, Sars e Mers. Inoltre la teoria del pipistrello non sarebbe fondata scientificamente: «Finora non è stato trovato alcun animale di passaggio che giustificherebbe la trasmissione all'uomo».

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Con mutazione su Spike virus 8 volte più contagioso

La mutazione D614G nella proteina spike di SARS-CoV-2, oggi estremamente diffusa, rende il virus fino a 8 volte più infettivo nelle cellule umane rispetto al virus iniziale. La conferma della tesi già supportata da altri studi, che la variante D614G sia più contagiosa, arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista eLife e condotta dai ricercatori della New York University, del New York Genome Center e del Monte Sinai. La mutazione D614G è emersa probabilmente all'inizio del 2020 ed è ora la forma più prevalente di Sars-Cov-2 in molti paesi in tutto il mondo. «Nei mesi trascorsi dall'inizio dello studio, l'importanza della mutazione D614G è cresciuta e ha raggiunto una prevalenza quasi universale, tanto da essere inclusa in tutte le attuali varianti», ha detto Neville Sanjana, assistente professore di biologia alla NYU. «Confermare che la mutazione porta a maggiore trasmissibilità aggiunge - aiuta a spiegare, in parte, perché il virus si è diffuso così rapidamente nell'ultimo anno». In questo studio, i ricercatori hanno introdotto un virus con la mutazione D614G nelle cellule umane del polmone, del fegato e del colon. Hanno anche introdotto la versione «wild type» del coronavirus - la versione del virus senza la mutazione trovata all'inizio della pandemia - in questi stessi tipi di cellule per il confronto. Hanno scoperto che la variante D614G ha aumentato la trasmissibilità del virus fino a otto volte rispetto al virus originale isolato a Wuhan, in Cina. I ricercatori hanno anche scoperto che la mutazione della proteina spike rendeva il virus più resistente all'essere diviso da altre proteine. Ciò fornisce un possibile meccanismo per la maggiore capacità della variante di infettare le cellule. «I nostri dati sperimentali erano piuttosto inequivocabili: la variante D614G infetta le cellule umane in modo molto più efficiente rispetto al tipo selvatico», ha detto Zharko Daniloski, ricercatore post-dottorato alla NYU e al New York Genome Center e co-primo autore dello studio.

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