Covid e vaccino, ecco quale cura può renderci davvero immuni

Covid e vaccino, ecco quale cura può renderci davvero immuni
di Graziella Melina
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Venerdì 29 Gennaio 2021, 22:51 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 08:15

Con l’approvazione ieri del vaccino di AstraZeneca da parte dell’Ema, l’agenzia europea dei medicinali, si allunga la lista dei prodotti farmaceutici anticovid con cui si spera di poter fermare l’avanzata del Sars Cov 2. Seppure utilizzino meccanismi diversi, tutti i vaccini che finora hanno superato l’esame dell’autorità europea hanno dimostrato non soltanto i requisiti di sicurezza necessari, ma anche la capacità di far attivare una risposta immunitaria abbastanza elevata. 

ASTRAZENECA

L’ultimo vaccino autorizzato, in ordine di tempo, quanto ad efficacia pare non spicchi rispetto agli altri. Nel gruppo più significativo di volontari che l’hanno ricevuto, ossia adulti tra i 18 e i 55 anni, l’efficacia si aggira intorno al 62,1%. Resta da capire però quanto sia valido negli over 70, visto che nella sperimentazione di fase 3 il numero degli anziani ai quali è stato somministrato non era molto numeroso. Gli studi, che sono stati condotti nel Regno Unito, Brasile e Sud Africa, hanno coinvolto in tutto circa 24mila soggetti. Tuttavia, l’Agenzia ha basato il suo calcolo dell’efficacia del vaccino sui risultati solo dello studio condotto nel Regno Unito e in Brasile. A rallentare la corsa al vaccino che fino a qualche mese sembrava precedere tutti gli altri sono stati i risultati difformi sulla somministrazione delle dosi. Per avere dati certi e solidi, visto che il vaccino deve essere inoculato due volte e la seconda dose deve essere somministrata tra le 4 e le 12 settimane dopo la prima, l’Ema ha valutato i risultati solo delle persone che hanno ricevuto questo tipo di somministrazione. 

MODERNA

Si colloca sicuramente tra i vaccini con maggior risposta immunitaria.

Dopo due settimane dalla seconda dose, secondo gli studi presentati all’Ema, l’efficacia è pari al 94,5%. A renderlo ancora più pregevole è il fatto che sono stati condotti studi anche sugli anziani e il vaccino si è dimostrato in grado di stimolare il loro sistema immunitario. Secondo l’Agenzia italiana del Farmaco, il vaccino Moderna è indicato a partire dai 18 anni di età, anziché dai 16 anni. Le due somministrazioni vanno fatte a distanza di 28 giorni. L’immunità si considera pienamente acquisita a partire da 2 settimane dopo la seconda somministrazione, anziché una.

PFIZER

Su valori molto alti di efficacia si attesta anche il primo vaccino autorizzato e già somministrato a oltre un milione di italiani. Dopo 7 giorni dalla seconda dose, la capacità di stimolare la risposta immunitaria è pari al 95%. Il dato è confermato anche dal ministero della Salute israeliano: su un totale di 715.425 persone vaccinate, solo lo 0,04%, hanno contratto il virus una settimana dopo aver ricevuto la seconda dose. Pfizer ha fatto sapere che, per ottenere un’efficacia così alta, sono necessarie due dosi e che «non ci sono dati per dimostrare che la protezione dopo la prima dose sia mantenuta dopo 21 giorni». L’Ema ha inoltre raccomandato di somministrare la seconda dose tre settimane dopo la prima. 

NOVAVAX

Gli studi clinici lo collocano tra i vaccini più promettenti. Secondo la società di biotecnologie che lo produce, l’efficacia si aggira intorno all’89,3%. E sembra che il prodotto farmaceutico riesca a proteggere anche dalla variante inglese, con una copertura pari all’89%. L’efficacia scende invece al 49% con quella sudafricana. Ma si tratta di un risultato parziale, e gli studi dovranno essere approfonditi. Le persone coinvolte nello studio in Sudafrica, infatti, sono meno numerose rispetto a quelle osservate per la variante inglese. I risultati di Novavax, negli studi in fase 1, sembrano aver surclassato quelli degli altri vaccini: stando ai dati resi noti dalla multinazionale, questo vaccino ha prodotto una quantità di anticorpi neutralizzanti maggiore rispetto a quelli che sono riusciti a stimolare i vaccini a mRna messaggero di Pfizer e Moderna.

JOHNSON & JOHNSON

Si tratta di un vaccino monodose e i risultati che sono stati resi noti fanno ben sperare. Negli studi condotti negli Stati Uniti, l’efficacia si attesta attorno al 72%, mentre in quelli che hanno coinvolto volontari di altri continenti e in presenza di più varianti la capacità di proteggere dal Sars Cov 2 scende al 66%. In Sud Africa, dove circola la mutazione del virus cosiddetta B.1.351, è stata osservata un’efficacia del 57%. In particolare, gli studi sono stati condotti in otto Paesi. La maggior parte dei volontari (il 44%) proveniva dagli Stati Uniti, il 41% dall’America centrale e meridionale e solo il 15% dal Sud Africa. Nella sperimentazione sono stati coinvolti per poco più di un terzo anche ultra 60enni. Entro fine giugno, la multinazionale dovrebbe distribuire 100 milioni di dosi agli Usa. All’Unione europea dovrebbero arrivarne 200milioni entro la fine dell’anno. E altrettante dosi saranno destinate ai Paesi in via di sviluppo già da dopo giugno.

SPUTNIK

Anche la Russia sembra avere messo a punto un vaccino che dimostra di avere una buona efficacia. È stato realizzato dall’Istituto Gamaleya, ma per il momento non si conoscono i dati finali della fase 3. L’unico dato certo è che il vaccino è basato su vettore adenovirale non replicante. L’Ema ha però fatto sapere di aver avviato un iter per saperne di più e per valutare se il prodotto farmaceutico russa rispetta gli standard europei. Se venisse autorizzato anche all’uso nel nostro continente, potrebbe dare manforte per la fornitura delle dosi, tuttora insufficienti per il fabbisogno dei Paesi. La Russia ha offerto di garantire all’Europa una fornitura da 100 milioni di dosi. L’Ungheria è stato il primo Paese ad approvarlo senza aspettare l’autorizzazione dell’agenzia regolatoria europea. 
 

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