«Una nostra recente indagine ha dimostrato che il 72% dei pazienti utilizza probiotici, il 41% per fronteggiare i disturbi legati alle cure chemioterapiche e per i problemi intestinali dovuti alla gastrectomia, il 38% per gestire le alterazioni della flora batterica, il 28% occasionalmente in concomitanza con una terapia antibiotica - spiega Claudia Santangelo, presidente dell'Associazione Vivere senza stomaco si può - In metà dei casi è il gastroenterologo a prescriverli, in un quarto dei pazienti il medico di famiglia e solo il 24% li sceglie da sé o con l'aiuto del farmacista; solo nel 57% dei casi viene consigliato un prodotto specifico, agli altri viene dato il consiglio generico di assumerne.
L'acquisto però è a totale carico dei malati, con una spesa media di 155 euro l'anno e punte che arrivano a 600 euro».
Non va meglio con gli integratori, importanti per fornire nutrienti che in pazienti con una gastrectomia parziale o totale non possono essere adeguatamente assorbiti e disponibili: li usa il 74%, la maggior parte tutti i giorni proprio per compensare il malassorbimento o per l'impossibilità di alimentarsi in maniera corretta. «La spesa è considerevole - fa notare Santangelo - pari a una media di 22 euro al giorno: chi non può permettersela resta senza, rischiando la malnutrizione». Per Davide Festi, coordinatore Comitato scientifico dell'associazione l'alimentazione è "fondamentale". «E' un dato di fatto - spiega - che l'incidenza della malattia sia maggiore in aree come l'Appennino tosco-emiliano e marchigiano rispetto al Sud. L'elevato consumo di carne e grassi, primo fattore di rischio, potrebbe aumentare infatti la malattia al Centro e al Nord e ridurla al Sud dove si mangia più frutta e verdura fresche». «La nostra speranza è che probiotici e integratori vengano erogati gratuitamente in modo omogeneo e appropriato su tutto il territorio nazionale - conclude Santangelo - Il nostro obiettivo, inoltre, è anche favorire diagnosi più tempestive».
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