La tiroide fatta su misura: ghiandola creata in laboratorio sostituirà quella malata

La tiroide fatta su misura: ghiandola creata in laboratorio sostituirà quella malata
di Carla Massi
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Mercoledì 24 Settembre 2014, 20:13 - Ultimo aggiornamento: 20:15
Sala operatoria: al paziente viene tolta la tiroide e trapiantata una ghiandola “nuova” fatta crescere in laboratorio. In una provetta di vetro dove alcune cellule della pelle dello stesso malato, messe in coltura, hanno dato vita al piccolo organo. Pronto per sostituire quello danneggiato. Permettendo, così, di non prendere i farmaci (ormoni sintetici) che lavorano al posto della tiroide.

Uno scenario molto più vicino e molto più fattibile di quanto si possa credere. Visti l’entusiasmo, la passione e il desiderio di buttarsi a capofitto nell’impresa di un gruppo di bioingegneri, biologi e chirurghi che, proprio pochi giorni fa, hanno stretto un’alleanza tecnico-scientifica. A Roma, durante il congresso della Società europea degli organi artificiali che si è svolto all’università Cattolica.
Tra fegato, reni e altri tessuti la strada più percorribile, ad oggi, sembra essere quella di poter riprodurre la tiroide, appunto. Una su misura con le caratteristiche di compatibilità del paziente. Niente rigetto, quantità di farmaci post intervento limitati, tolleranza massima e ripristino della funzionalità della ghiandola.

LE STAMINALI
A Roma, al congresso, Sabine Costagliola, una biotecnologa di origine italiana che dirige un laboratorio all’Université Libre di Bruxelles, ha presentato i risultati della sperimentazione condotta su cavie: ha dimostrato che è possibile trasformare cellule staminali pluripotenti in cellule tiroidee perfettamente funzionanti. Nei topi la mutazione e riuscita. Dopo il trapianto in roditori privi della tiroide, il tessuto tiroideo creato in vitro è stato in grado di produrre ormoni in modo definitivo ed efficiente tale da curare l’ipotiroidismo.

Per quanto riguarda l’uomo c’è ancora da lavorare nei laboratori ma già si pensa alla sostituzione in sala operatoria. Dove, ogni anno, in Italia entrano circa 40mila pazienti, dai 4 anni in su, per problemi alla tiroide (30% cancro). Interventi che, quasi nella totalità dei casi, richiedono proprio l’eliminazione della ghiandola.

«Contiamo sempre più casi di bambini o adulti con problemi alla tiroide - spiega Celestino Pio Lombardi, direttore dell’unità di Chirurgia endocrina del Gemelli presso il Cic dell’università Cattolica che lavorerà al progetto - circa il 50% della popolazione, ormai. Dobbiamo pensare al futuro prossimo. Sia le malattie tiroidee che i tumori della ghiandola che ne richiedono l’asportazione sono sempre più diffusi. Per molti pazienti i farmaci possono non rivelarsi efficaci. Ci stiamo concentrando sulla sostituzione e su una terapia cellulare in grado di ripristinare nell’organismo un quantitativo adeguato di cellule tiroidee funzionanti».

GLI IBRIDI
A Bruxelles, nei laboratori, si studia per sfruttare al meglio le cellule cutanee e farle diventare ghiandola in tutto e per tutto uguale a quella originale, a Roma si mette a punto la possibilità di passare dalla provetta al collo del paziente. Per questo ultimo passaggio, ci vuole la sinergia della chirurgia e della bioingegneria. A guidare il congresso, infatti, presidente onorario il preside della Cattolica Rocco Bellantone, sono stati il chirurgo Celestino Pio Lombardi e Gerardo Catapano ordinario di Bioingegneria industriale all’università della Calabria.

Ci vorrà tempo dicono i ricercatori. Come ci vorrà tempo anche per arrivare a fegato e reni “ibridi”, metà umani e metà artificiali come è la tiroide in provetta. Un lungo elenco di organi artificiali o bioartificiali, tessuti sintetici e protesi supertecnologiche in grado di migliorare la qualità della vita ma anche di salvare la vita di chi, per un trapianto, è in lista d’attesa. Una speranza concreta tra la miriade di sperimentazioni tese ad ottimizzare le condizioni di salute di chi ha un organo che non funziona più. «Non sono, per esempio, andati a buon fine i pionieristici tentativi di impiantare nella muscolatura dei pazienti operati cellule ancora sane della loro tiroide, come si fa efficacemente con le paratiroidi. Una via che è stata abbandonata. Per questo abbiamo pensato alla collaborazione con l’università di Bruxelles».

Prossimi obiettivi: sfruttare il successo delle trachee ricostruite (e impiantate in due pazienti spagnoli) per dar vita ad altre parti del corpo come la vescica, l’arteria aortica, le valvole cardiache. Questo tipo di studi potrebbe portare ad usare le staminali per riuscire a riparare l’organo ancora prima che degeneri al punto da dover richiedere la sostituzione.
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