No vax, ora è allarme sostituzioni tra i sanitari: mancano infermieri e rianimatori

No vax, ora è allarme sostituzioni tra i sanitari: mancano infermieri e rianimatori
di Graziella Melina
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Giovedì 1 Aprile 2021, 06:26 - Ultimo aggiornamento: 09:50

I provvedimenti presi dal governo per impedire che gli operatori no vax siano a contatto con i pazienti rischiano di rivelarsi un boomerang. Se allontanarli dal posto di lavoro sembra scontato, sostituirli invece sarà pressoché impossibile. La situazione di carenza di medici e infermieri, ormai nota da tempo, non consente infatti di attingere a risorse sostitutive. La grana da risolvere dipende ovviamente dalla quota di personale sanitario che rifiuta il vaccino. Ma i dati disponibili non sono ancora chiari.

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«In alcune Regioni, come per esempio la Puglia - osserva Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Associazione dei medici dirigenti (Anaao Assomed) - arriviamo all'1 per cento, mentre in altre all'1 per mille. Ci sono poi aree del Paese, come per esempio la Toscana, dove di medici non vax non se ne segnalano affatto». Detta così, potrebbe sembrare questione di poco conto. Ma se si considera che i medici ospedalieri del servizio sanitario nazionale sono circa 114mila, vuol dire che di medici no vax in giro per gli ospedali se ne contano da un centinaio a un migliaio. E il problema ora ricade sulle aziende sanitarie. «Abbiamo una carenza di almeno 7mila medici - rimarca Palermo - per cui bisogna adottare non il licenziamento ma la gradualità dei provvedimenti».

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Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, il sindacato degli infermieri, prova a ridimensionare la faccenda. «Nella mia azienda, in Veneto - precisa - ci sono mediamente 100 persone a casa per maternità, oppure in malattia per covid o per altre patologie, eppure vengono contate come non vaccinate». Ma che ci siano pure i no vax non si può negare: «Saranno circa l'1 per cento degli infermieri». E non è poca roba anche in questo caso, visto che «gli infermieri dipendenti del servizio sanitario nazionale sono 270mila circa e soprattutto perché la carenza ad oggi è di più di 70mila. Una norma per allontanarli - ammette Bottega - rischia di creare ulteriori problemi».
Insomma, per le aziende «senza l'immediata sostituzione del personale - come precisa Giancarlo Cicolini, membro della Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche - non è possibile mantenere questi ritmi lavorativi». Qualche risorsa si sta già pensando di andarla a pescare tra gli studenti che a breve si laureeranno. Per accelerare sono previste persino sessioni straordinarie, «ma poi vanno immessi sul mercato con assunzioni immediate e contratti interessanti che garantiscano stabilità».

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AREA EMERGENZA
Non va meglio per chi si ritrova in un'area di emergenza. «Stimiamo che sui circa 18mila anestesisti rianimatori italiani quelli che rifiutano il vaccino siano al di sotto dell'1 per cento, quindi circa duecento e i titubanti altri 200 - rimarca Alessandro Vergallo, presidente dell'Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica - Ma considerato che in Italia c'è una carenza strutturale che si aggira intorno a 3mila unità, è chiaro che anche un solo nostro collega da sostituire in un ospedale sarebbe un problema di difficile soluzione». Le stesse criticità riguardano gli infermieri che lavorano in rianimazione. Ogni due pazienti deve essere presente un infermiere per turno, quindi l'incremento di 2.500 posti letto di rianimazione rispetto ai circa 5mila esistenti prima della pandemia ha portato la carenza infermieristica nelle rianimazioni italiane complessivamente ad almeno 12mila unità. Le conseguenze della linea dura, insomma, non saranno facili da gestire, e a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i pazienti. «Soprattutto nei settori ospedalieri più esposti, ossia anestesia, rianimazione e pronto soccorso, dove l'afflusso di pazienti è particolarmente critico - mette in guardia Vergallo - se mancano i medici, è impossibile sostituirli, perché non ce ne sono. A meno che non si decida di ridurre ancora di più le attività di sala operatoria per recuperare medici da destinare alle rianimazioni».

 

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