Covid "riduce" l'intelligenza. «Difficoltà di ragionamento e risoluzione problemi». Studio britannico

Covid «riduce» l'intelligenza: «Difficoltà di ragionamento e risoluzione dei problemi». Lo studio
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Lunedì 26 Luglio 2021, 15:32 - Ultimo aggiornamento: 15:39

Il Covid rende meno intelligenti. Chi è stato contagiato con il virus ha ottenuto punteggi più bassi nei testi di intelligenza, quelli che misurano il QI. La ricerca viene dalla Gran Bretagna e fa parte del Great British Intelligence Test, uno studio che ha coinvolto 81.337 persone tra gennaio e dicembre dello scorso anno. Di queste, 13mila avevano avuto esperienza del coronavirus. Lo studio ha coinvolto ricercatori dell'Imperial College di Londra, del Kings College e delle Università di Cambridge, Southampton e Chicago ed è stato pubblicato su The Lancet.

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Fra le 13mila persone sottoposte a test, ce n'erano alcune che avevano riscontrato un calo maggiore nel punteggio dei test di intelligenza.

Si trattava di quelle intubate, che avevano avuto risultati con sette punti in meno rispetto agli altri.

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Basse performance per il ragionamento

I ricercatori hanno scoperto che coloro che avevano contratto il COVID avevano performance inferiori per quanto riguarda il ragionamento, la pianificazione e la risoluzione dei problemi rispetto a coloro che non avevano contratto il virus. «Questi risultati concordano con i risultati degli studi sul Long COVID – si legge nello studio –, in cui sono comuni la "nebbia cognitiva", problemi di concentrazione e difficoltà a trovare le parole corrette».

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Le cause

A ridurre l'intelligenza delle persone che hanno avuto esperienza del Covid potrebbero essere molteplici cause. «Riteniamo che ci siano probabilmente più fattori che contribuiscono – si legge nello studio –. Ad esempio, studi precedenti su pazienti ospedalizzati con malattie respiratorie non solo dimostrano deficit cognitivi oggettivi e soggettivi, ma suggeriscono che questi rimangano in alcuni per 5 anni». La causa dei deficit cognitivi potrebbero essere anche i sintomi residui, come febbre alta o problemi respiratori, osservati nel 4,8% dei partecipanti.

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