Covid, il medico che ha ispirato la fiction Doc: «I virologi hanno rovinato l’immagine di noi dottori»

Covid, il medico che ha ispirato la fiction Doc: «I virologi hanno rovinato l immagine di noi dottori»
di Gloria Satta
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Martedì 1 Dicembre 2020, 00:25 - Ultimo aggiornamento: 19:16

Il ”Doc”, quello vero, è in trincea contro il covid. Pierdante Piccioni, 61 anni, nato in provincia di Cremona e in servizio a Lodi, è il medico smemorato che ha ispirato la fiction ”Doc - nelle tue mani” interpretata da Luca Argentero e trasmessa su Rai1 con ascolti record (già in cantiere, a furor di pubblico, la nuova stagione). Il 31 maggio 2013 Pierdante ebbe un incidente d’auto che lo mandò in coma. Sei ore dopo si risvegliò ma scoprì di aver perso completamente il ricordo degli ultimi 12 anni della sua vita. E, con l’aiuto sia delle terapie sia della famiglia, fu costretto a ricostruirsi da zero anche nella professione. Oggi il medico, che 7 anni fa era il primario del Pronto Soccorso nell’ospedale di Lodi, è tornato a lavorare nella stessa struttura: segue i malati di coronavirus e organizza il loro percorso di guarigione. In poche parole, gestisce il post-covid.

Cosa fa esattamente?
«Se i pazienti stanno meglio e possono lasciare il letto, decido se devono tornare a casa oppure vanno trasferiti in un’altra struttura, o in un centro di riabilitazione. Sono stato il primario all’entrata, oggi ho rinunciato ai gradi ma sopraintendo all’uscita. E sulla mia pelle ho imparato a lavorare in un modo diverso».
 

Che cosa intende?
«Essere stato un paziente ed essere oggi un disabile seguito dai neurologi mi ha insegnato l’empatia nei confronti dei malati, la necessità di andare emotivamente verso di loro. Prima ero il classico ”barone” distante: chiamavo i pazienti con il numero del letto, tanto che mi avevano soprannominato ”Principe bastardo”...Oggi stabilisco un rapporto diretto, mi immedesimo nelle loro emozioni e li chiamo per nome sfidando i paladini della privacy».
 

E cosa percepisce nei malati di covid?
«Incertezza. Paura. Terrore. Il virus provoca sensazioni devastanti. Gli imbecilli negazionisti dovrebbero vedere cosa prova un contagiato quando il respiro gli inciampa tra i denti. Noi facciamo del nostro meglio per curare le persone ma anche per aiutarle a ritrovare la fiducia. Proprio attraverso l’empatia che io ho scoperto dopo l’incidente».
 

Dalla trincea, crede che la curva della pandemia sia in calo?
«Sono ottimista. Registriamo più positivi perché si fanno più tamponi, ma i casi gravi sono diminuiti. Rispetto a marzo scorso, oggi abbiamo i farmaci, sappiamo usare le terapie e prendiamo i malati per tempo. Ma la sanità rimane centrata sugli ospedali, non abbiamo ancora le forze e l’organizzazione per curare i pazienti a domicilio».
 

Pensa che voi medici e il personale sanitario siate considerati ancora degli eroi?
«Un po’ meno rispetto alla prima fase della pandemia: la gente si è resa conto che, come chiunque altro, non siamo infallibili. E poi, lasciatemelo dire, la nostra immagine è stata inquinata dai cosiddetti esperti che infestano i media: virologi, immunologi e compagnia bella che da mesi dicono tutto e il contrario di tutto. Non rendono un buon servizio alla nostra categoria».
 

Come spiega gli ascolti eccezionali, da Nazionale di calcio, ottenuti dalla fiction ispirata al suo caso?
«Al pubblico piacciono le storie vere, la serie era un prodotto di altissima qualità e Argentero è stato bravissimo a raccontare la mia storia. Ha fatto capire al pubblico cosa significhi fare il medico da paziente».
 

E quel successo tv si riflette nel suo lavoro?
«Credo che accresca la fiducia dei malati nei miei confronti. Molti di loro sono felici di essere nelle mani del vero ”Doc”».
 

Ci sono speranze che lei possa recuperare la memoria?
«Molto flebili. Continuo a curare la mia amnesia post-traumatica, ma se la memoria non mi è tornata dopo 7 anni dubito che tornerà mai. Tuttavia ho trovato l’equilibrio come uno strumento musicale riaccordato e sono felice di aver imparato a fare il medico in un altro modo».
 

Finiranno i contagi, torneremo alla normalità?
«Dobbiamo prepararci alla terza ondata ma sono sicuro che tutto finirà bene. E, come insegna la mia storia, anche questo periodo terribile potrebbe insegnarci qualcosa di buono».
 

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