Coronavirus, Pier Luigi Lopalco, epidemiologo: «Necessario rinunciare alla vita sociale per qualche settimana»

Coronavirus, Pier Luigi Lopalco, epidemiologo: «Necessario rinunciare alla vita sociale per qualche settimana»
di Camilla Mozzetti
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Lunedì 9 Marzo 2020, 10:02 - Ultimo aggiornamento: 11:53

Professor Pier Luigi Lopalco, epidemiologo dell’università di Siena, nel Lazio ci sono più di 1.500 persone in sorveglianza domiciliare perché entrate in contatto con persone positive al coronavirus, mentre crescono i ricoveri. In un primo momento si diceva che i contagi avessero tutti “link” con persone delle zone rosse. È ancora credibile quest’analisi? 
«Possiamo escluderlo, nel momento in cui i numeri aumentano significativamente si tratta di trasmissione locale. Ora nel Lazio e a Roma non si può non parlare di focolai autonomi». 

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Che misure precauzionali dovrebbero prendere le istituzioni per contenere l’indice dei contagi?
«Bisogna star chiusi in casa non per la vita ma per un paio di settimane. È un messaggio semplice e chiaro che la gente deve capire».

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Converrà che su una popolazione romana che conta quasi 3 milioni di residenti è difficile, se le ricorderà le immagini di Wuhan bloccata e controllata dai militari.
«Siamo un Paese civile o almeno cerchiamo di esserlo, non abbiamo bisogno dei soldati per le strade che ci intimano di star chiusi in casa per qualche settimana. Chiunque di noi - da Milano a Roma - deve rinunciare alla vita sociale».

Il che significa?
«Andare a lavoro tornare a casa e leggersi un bel libro».

E per le piccole commissioni? Fare la spesa ad esempio.
«Evitare gli orari di punta e i supermercati affollati».
 
I medici di famiglia, che tutt’oggi hanno gli studi pieni di gente non hanno ancora ricevuto le dotazioni di sicurezza: mascherine, guanti, camici monouso.
«Bè dovrebbero averle e già da tempo. Se si ammalano loro crolla il sistema». 

L’atteggiamento generale - stando ai locali pieni sabato sera - tende forse a sottovalutare la situazione. 
«Non dobbiamo pensare che il problema sia del Nord così come non dovevamo illuderci che il problema fosse solo della Cina. Parliamo di pandemia: tutti sono a rischio, lo dice la parola, dobbiamo avere dei comportamenti tali perché questa pandemia arrivi alla sua ondata e rallenti nel tempo. Per quale motivo il Lazio è diverso dalla Lombardia? Perché si parla un dialetto diverso?».

Ci sono numeri diversi sui casi.
«In Lombardia sono nella fase di crescita, nel Lazio sono nelle prime fasi e la crescita arriverà nei prossimi 10 giorni. È logica. La situazione è questa e spero che nei centri di governo territoriale questo sia chiaro. Tutte le persone che vengono da una zona con una forte circolazione del virus devono isolarsi. È difficile lo so, ma le grandi città devono rallentare: bisogna evitare i contatti e uscire di casa solo se necessario o al massimo per andare a farsi una passeggiata in riva al mare che fa benissimo, ma dimenticarsi feste, aperitivi e cene fuori».

L’uso dei mezzi pubblici? 
«In metropolitana bisognerebbe attrezzarsi aumentando le carrozze e contingentando gli accessi».

Gli ospedali stanno reggendo ma il personale, entrato in contatto con casi positivi, resta in servizio in assenza di sintomi. Gli asintomatici possono essere vettori?
«Certo, il contagio è più forte con i sintomi ma anche gli asintomatici possono trasmettere il virus». 
 

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