I calli proteggono i piedi, nuovo studio boccia le scarpe con suole ammortizzate

I calli proteggono i piedi, nuovo studio boccia le scarpe con suole ammortizzate
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Mercoledì 26 Giugno 2019, 19:20 - Ultimo aggiornamento: 19:24

I calli proteggono i piedi, in barba ai fedeli della pedicure, e sono utili: lo sostiene la scienza. Secondo un team della prestigiosa Università di Harvard (Usa), infatti, i calli proteggono la pianta del piede senza compromettere la sensibilità o l'andatura, come si legge in uno studio pubblicato online su 'Nature'. Al contrario, le scarpe con suola ammortizzata riducono la sensibilità e alterano la forza trasmessa dai nostri piedi alle nostre articolazioni.

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Dunque alla fin fine le calzature con suole sottili, rigide e non ammortizzate, come mocassini o sandali, potrebbero offrire il mix di protezione e sensibilità più simile a quelle dei calli, suggeriscono gli autori. A vantaggio delle articolazioni. Le callosità del piede spesso si sviluppano naturalmente nelle persone che abitualmente camminano scalze - o non usano calzature ammortizzate - assicurando una protezione su superfici scomode o scivolose. Le scarpe moderne offrono un effetto protettivo simile, ma riducono la capacità di percepire gli stimoli tattili.

Dunque come proteggere il piedi senza ridurne la sensibilità e affaticare le articolazioni? Tra l'altro, è stato ipotizzato anche che i calli più spessi riducano la sensibilità, tuttavia il team Daniel Lieberman contesta questa ipotesi dopo aver studiato i piedi di 81 kenioti e 22 americani. L'esame delle estremità ha infatti mostrato che i calli tendono a essere più spessi e più duri nelle persone che abitualmente camminano scalze, rispetto a quanti indossano regolarmente scarpe.

Tuttavia lo spessore del callo non altera la sensibilità dei nervi sulla pianta dei piedi. Inoltre le calzature influiscono sulle forze generate quando il piede colpisce il terreno, fornendo più energia alle articolazioni rispetto a quanto osservato negli individui con callosità notevoli. L'effetto che questo carico meccanico alterato ha sul nostro scheletro è ancora scarsamente compreso e, secondo i ricercatori, richiede ulteriori studi.

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