​Vaccino, seconda dose "in ritardo" in Gran Bretagna: bufera su Johnson (e spunta l'opzione cocktail)

Vaccino, seconda dose "in ritardo" in Gran Bretagna: bufera su Johnson (e spunta l'opzione cocktail)
di Francesco Padoa
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Lunedì 25 Gennaio 2021, 12:34 - Ultimo aggiornamento: 18:38

In una Gran Bretagna che cerca di accelerare al massimo la campagna di immunizzazione della popolazione dal Covid nel pieno della nuova ondata di contagi e morti innescata nelle ultime settimane dall'aggressività della cosiddetta "variante inglese" del virus, il governo intensifica come non mai la somministrazione dei vaccini, circa 200 al minuto, usando anche cinema, stadi, luoghi di culto come la cattedrale di Salisbury e la moschea di Birmingham. Al fine gennaio, negli ospedali britannici ormai al collasso ci sono più pazienti rispetto al picco della prima ondata di aprile 2020: i casi hanno iniziato a raddoppiare ogni due settimane, e sta crescendo anche il tasso di mortalità. Un trend drammatico che ha spinto nei giorni scorsi il ministero della Salute addirittura a valutare la misura disperata di pagare 500 sterline a chiunque risulti positivo al Covid-19, visto che da sondaggi ministeriali solo il 17% di sintomatici si presenta a fare il tampone per timore di doversi auto-isolare.

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Per poter vaccinare più persone possibili, sperando che qualche milione di britannici possa così anticipare la prima dose, l'ultima decisione del governo Johnson è quella di ritardare la seconda dose, che completa e prolunga l’effetto della prima dose. La misura, consigliata dai quattro consulenti medici di Downing Street, ha il chiaro intento di massimizzare il numero di vaccinati nel minor tempo possibile, dando la priorità della somministrazione delle prime dosi a un numero più ampio di soggetti a rischio, cercando così di ridurre la mortalità e alleggerire il carico negli ospedali, allo stremo da settimane. Con il vaccino Pfizer, la seconda dose dovrebbe essere inoculata normalmente dopo 21 giorni (28 per il vaccino Oxford/AstraZeneca).

La raccomandazione attuale nel Regno Unito è che le persone dovrebbero avere la seconda dose 12 settimane dopo la prima, tanto per il vaccino Pfizer quanto per quello Oxford/AstraZeneca. Tuttavia, le persone che hanno già un appuntamento per una seconda iniezione in anticipo rispetto a questo termine dovranno comunque presentarsi.

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Ma immediata è stata la risposta della comunità medica a questa decisione del Regno Unito, riaccendendo un dibattito (e la polemica) sulla strategia di inoculazione non ortodossa del governo britannico: l'ipotesi di aspettare fino a 12 settimane prima di somministrare la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech dovrebbe essere scartata. Il dott. Chaand Nagpaul, presidente della British Medical Association (BMA) ha esortato i ministri a seguire la best practice” basata sull'opinione professionale internazionale e ridurre i tempi di attesa a sei settimane per il vaccino sviluppato da Pfizer e BioNTech. La BMA ha inviato una lettera al Chief Medical Officer, l'ufficiale medico capo del Regno Unito, Chris Whitty, avvertendo del rischio di un ritardo nella somministrazione. «La maggior parte delle nazioni del mondo si trova ad affrontare sfide simili alla Gran Bretagna, in quanto hanno scorte limitate di vaccini e vogliono allo stesso tempo proteggere al massimo la loro popolazione. Ma nessun'altra nazione ha adottato la strategia del Regno Unito. Sollecitiamo a rivedere urgentemente l'attuale posizione». 

La stessa azienda tedesca ha ribadito il "consiglio" di somministrare la seconda dose 21 giorni dopo la prima, affermando che non ci sono dati per supportare un intervallo di 12 settimane. Il vaccino Pfizer-BioNTech è in uso nel Regno Unito dall'inizio di dicembre, essendo stato il primo paese al mondo ad approvarlo. Quando la Gran Bretagna ha annunciato la sua nuova strategia, dalla Pfizer hanno spiegato di non avere dati per dimostrare che solo una singola dose del loro vaccino avrebbe fornito protezione contro la malattia dopo più di 21 giorni. «Lo studio di fase 3 di Pfizer e BioNTech per il vaccino Covid-19 è stato progettato per valutare la sicurezza e l'efficacia del vaccino seguendo un programma di 2 dosi, separate da 21 giorni. Non ci sono dati per dimostrare che la protezione dopo la prima dose sia mantenuta per 21 giorni». A gettare ulteriori ombre sulla scelta azzardata di Downing Street è uno studio dello Sheba Medical Centre in Israele, secondo cui l’efficacia di una singola dose di vaccino sarebbe non dell’89% ma del 33%. E l’organizzazione Care Home Group la scorsa settimana ha reso noto come in almeno tre delle loro case di cura dove quasi il 100% degli ospiti aveva ricevuto la prima dose dei vaccini, si siano riscontrati casi sintomatici a distanza di due o tre settimane dalla somministrazione.

Sulla questione, nei giorni scorsi si è pronunciata anche l'Agenzia europea dei medicinali (Ema), precisando che per ottenere una protezione completa dovrebbe essere rispettato un intervallo massimo di 42 giorni tra la prima e la seconda dose del vaccino Pfizer/BioNtech, termine adottato appunto in Gran Bretagna. Anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha raccomandato che tra una dose e l'altra di vaccino «in circostanze eccezionali» si può aspettare fino a sei settimane. Per l'Agenzia dell'Onu le circostanze eccezionali sono rappresentate da «problemi di fornitura» e «situazione epidemiologica grave». Anche in Italia la posizione è chiara. «Che non passi l'idea - dichiara l'infettivologo Massimo Galli - di fare una sola dose anche in Italia, come accade in Inghilterra, perché questa secondo me è una grossissima sciocchezza. Si rischia di non proteggere abbastanza e nelle situazioni non abbastanza protette il virus ci sguazza». «È possibile - precisa il prof. Luca Richeldi - che anche ad una distanza di 42 giorni per il richiamo sia garantita l'efficacia del vaccino, ma non è questa l'attuale indicazione dell'Aifa e non prevedo che a breve questa sia modificata».

Per il momento le autorità sanitarie e il governo britannico non ascoltano e vanno avanti per la strada scelta ignorando polemiche e voci contrarie. Il direttore medico della Public Health England, Yvonne Doyle, ha difeso il piano per tenere il virus sotto controllo. «Più persone sono protette contro questo virus, meno opportunità ha di avere il sopravvento. Proteggere più persone è la cosa giusta da fare», ha affermato. Non solo la Gran Bretagna insiste in questa decisione, ma addirittura pensa a un nuovo clamoroso passo: mischiare i vaccini. Infatti si sta valutando se sarà necessario aggiornare, a determinate condizioni straordinarie, il piano vaccinale, per consentire un regime "mix-and-match". Cioè fare una prima dose a più cittadini possibili, senza badare al fatto che entro un numero prestabilito di settimane deve essere iniettata loro una seconda dose. Se poi al momento del "richiamo" una seconda dose del vaccino originariamente ricevuto da un paziente non è disponibile, può essere sostituito da un vaccino di un altro produttore. Un'ipotesi per ora, ma pur sempre un'apertura a una circostanza straordinaria, che gli esperti non sono d'accordo ad avallare perché non ci possono essere certezze sull'efficacia di tale strategia. 

Nel manuale per le vaccinazioni fornito dal Servizio sanitario nazionale a infermieri e operatori sanitari viene solo ventilata l'"opzione cocktail". Nell’ultima versione di dicembre del Greenbook, considerata la guida alle vaccinazioni del Regno Unito, è stato infatti specificato che «se una seconda dose del vaccino ricevuto inizialmente da un paziente non è disponibile o se il produttore della prima dose non è noto», il vaccino «può essere sostituito». Si tratterebbe di un’indicazione di senso opposto a quanto dichiarato dai Centers for Disease Control americani, secondo i quali una vaccinazione «dovrebbe essere completata con lo stesso prodotto» perché i vaccini autorizzati, «non sono intercambiabili e la sicurezza e l’efficacia di un mix di prodotti non è stata valutata». Non ci sono al momento dati sufficienti per sapere se abbinare dosi di vaccino diverse tra prima e seconda dose possa avere controindicazioni (anche se non ci sono reazioni avverse dimostrate, perché nessuno al momento ha ricevuto dosi di diversi vaccini).

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