Locatelli (Cts): «In autunno vaccino per i bambini»

Locatelli: «In autunno vaccino per i bambini»
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 11 Agosto 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 11:46

Professor Locatelli, quando sarà pronto un vaccino anti Covid anche per i bambini sotto i 12 anni?
«Ci aspettiamo l’autorizzazione a novembre, sia Pfizer sia Moderna sono già a buon punto. Io ritengo che sia necessario vaccinare anche i più piccoli. Mi faccia ricordare che in Italia, da inizio pandemia, sono morti 28 pazienti di età pediatrica. E di questi 13 avevano meno di 10 anni. Così distribuiti: 4 sotto i 3 anni, 4 dai 3 ai 5 anni, 5 dai 6 ai 10 anni. Inoltre, vaccinando i bambini eviteremo focolai anche nelle scuole elementari e dunque il ricorso alla didattica a distanza. Limiteremo la circolazione del virus e la possibilità che contagino genitori e nonni. Sia la società pediatrica italiana, sia quella americana sono favorevoli alla vaccinazione dei bambini».

La campagna vaccinale

Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico scientifico, è direttore del Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Ha curato negli anni molto bambini, e molte famiglie gli sono riconoscenti.

Professore, la campagna vaccinale è già a un buon punto. Ancora, però, c’è una parte di popolazione che rifiuta il vaccino anti Covid. 
«A oggi sono state somministrate 72 milioni di dosi, il 63 per cento delle persone vaccinabili ha completato il percorso, il 68 ha ricevuto almeno una dose. Questo testimonia l’efficienza della conduzione della campagna vaccinale. Abbiamo usato il 97 per cento delle dosi consegnate. Abbiamo una copertura decisamente molto buona per gli over 80, il 92 per cento è vaccinato. Esiste, però, anche un grande lavoro da fare per mettere in sicurezza quelli delle decadi precedenti, che sono rispettivamente, partendo dai sessantenni e a scendere fino ai quarantenni, al 18, 26 e 34 per cento ancora da vaccinare completamente. Contando gli over 50, ci sono 4,5 milioni di persone che non hanno esaurito il percorso vaccinale».

Come spiega che così tanti cinquantenni rifiutino di vaccinarsi?
«Certamente dobbiamo coltivare meglio il dialogo, noi dobbiamo avere particolare attenzione alla cura della paura. Paradossalmente c’è la paura della cura. Ma mi risulta difficile capire perché queste persone non si tutelino: se in mille tra i 50 e i 59 anni si contagiano, 6 muoiono. Si tratta di un numero molto alto. E badi anche tra i 40 e i 49 anni non c’è un rischio banale, parliamo di 2 decessi su 1.000. Davvero mi viene una accorata domanda: perché non vi vaccinate? Non solo per voi, ma anche per i vostri familiari. Invece, tra i ragazzi c’è una importante e crescente adesione alla campagna vaccinale».

La variante Delta, molto più contagiosa, fa ritenere che sarà necessario, per mettere il Paese in sicurezza, raggiungere almeno l’85 per cento dei vaccinati. Il 70-80 su cui si ragionava all’inizio non è più sufficiente?
«L’immunità di comunità dipende da quanto è alto l’indice di trasmissione. E in effetti con la variante Delta è molto più elevato. Detto questo, aggiunga anche che alla luce della possibilità che i vaccinati possono infettarsi, il concetto di immunità di gregge o immunità di comunità non è strettamente applicabile nella sua definizione classica, mentre più alta è la percentuale degli immunizzati più si riduce la circolazione virale».

Il fatto che una parte di vaccinati possa comunque essere infettata non rischia di compromettere la fiducia dei cittadini e l’adesione alla campagna?
«Su questo è giusto fare chiarezza. Oggi la maggior parte delle persone ricoverate è non vaccinata o ha ricevuto solo la prima dose. Quanto ci hanno offerto i vaccini, in termini di protezione da patologia grave, è straordinario. Tutti gli studi parlano del 97 per cento di protezione dal rischio di terapia intensiva o decesso. Che il vaccino non dia una copertura totale rispetto al semplice rischio di infezione lo abbiamo sempre detto. Ma ripeto: l’efficacia rispetto al rischio di andare in terapia intensiva o di morire è del 97 per cento».

Secondo lei il Green pass andrebbe previsto anche in altre attività rispetto a quelle indicate dal governo?
«Parlo a titolo personale, perché queste decisioni spettano al governo, ma credo che potrebbe essere utilizzato anche in tutti i settori della pubblica amministrazione in cui i lavoratori abbiano il contatto con il pubblico».

Sicilia e Sardegna rischiano il passaggio in fascia gialla?
«I numeri di oggi danno ancora un po’ di margine, non penso sarà un evento immediato. Nonostante siamo in vacanza, non possiamo dimenticarci che siamo ancora in una fase pandemica. Sicilia e Sardegna, e in parte anche Calabria, per la bellezza di queste regioni e per l’attrattività turistica rischiano di pagare un prezzo maggiore».

Dovremo presto cominciare a organizzare la vaccinazione con la terza dose per alcune categorie di persone?
«Credo che in questo momento abbiamo tre priorità: completare la copertura vaccinale degli ultra cinquantenni; dar corso alla protezione della fascia di età 12-18 anni in vista della riapertura delle scuole; prevedere la terza dose per i soggetti immunodepressi, come chi ha ricevuto trapianti, chi ha una patologia oncologica o ematologica tale da alterare la funzionalità del sistema immunitario, coloro che hanno malattie autoimmuni che richiedano importanti trattamenti immunosoppressivi».
 

 

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