Un visone nello Utah è risultato positivo al coronavirus, ed è il primo caso conosciuto in un animale selvatico libero. Mentre, secondo quanto dimostrato dall'ultimo studio delle università di Milano e Bari, gli animali domestici, cani e gatti, non trasmettono il virus Sars-CoV-2, ma possono essere contagiati dai loro padroni pur non sviluppando la malattia.
Il primo caso conosciuto in un animale selvatico libero è un visone nello Utah, risultato positivo al coronavirus. Lo ha annunciato il dipartimento per l'Agricoltura americano.
Inherently interconnected, humans, animals & ecosystems co-exist & are co-dependent. #COVID19 has made this more evident, which calls us to unite under #OneHealth.
OIE DG Dr Monique Eloit highlights how collaboration can help avert future pandemics: https://t.co/x2aJwKtyfa— OIE Animal Health (@OIEAnimalHealth) December 15, 2020
Ma non è il primo caso di visone ad essere risultato positivo al covid. Il mese scorso, un intero allevamento di visoni dell'Oregon è stato messo in quarantena dopo che è stata scoperto un focolaio di covid tra animali e dipendenti. Ma sono stati rilevati casi di coronavirus anche in allevamenti in Michigan e Wisconsin, e all'estero, ad esempio nei Paesi Bassi, in Svezia, Italia e Spagna. Il caso dello Utah è stato scoperto proprio mentre l'Animal and Plant Health Inspection Service stava testando gli animali che vivevano intorno alle fattorie di visoni infetti nello stato.
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A portare invece un'ulteriore contributo nel comprendere il comportamento del virus tra gli animali domestici è oggi il primo studio del progetto 'COVIDinPET', pubblicato su 'Nature Communications' da ricercatori dell'università Statale di Milano e dell'università di Bari.
Il programma ha coinvolto i ricercatori del Dipartimento di Medicina veterinaria di UniMi e dell'ateneo barese, nonché il Dipartimento Sicurezza alimentare, Nutrizione e Sanità pubblica veterinaria dell'Istituto superiore di sanità, una rete di collaboratori internazionali guidata dall'Università di Liverpool e alcuni laboratori veterinari italiani. Nel lavoro pubblicato - riferiscono dalla Statale meneghina - sono stati arruolati 919 cani e gatti provenienti da aree del territorio nazionale, in particolare dalla Lombardia, in cui nella prima ondata della pandemia di Covid-19 la prevalenza della malattia nell'uomo è risultata particolarmente elevata. Nell'ambito dello studio sono stati eseguiti tamponi molecolari orofaringei, nasali o rettali per la ricerca del nuovo coronavirus, e/o esami sierologici per la ricerca di anticorpi anti Sars-CoV-2. In 528 casi erano noti i risultati di test molecolari condotti sui proprietari degli animali.
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Tutti i 494 tamponi processati sono risultati negativi, inclusi quelli prelevati da cani o gatti con sintomi respiratori o conviventi con proprietari che sono stati Covid-positivi. Al contrario, il 3,3% dei cani e il 5,8% dei gatti, soprattutto adulti e provenienti da aree geografiche in cui maggiore è stata la prevalenza di infezione nell'uomo, sono risultati positivi al test sierologico, e per quanto riguarda i cani la percentuale di sieropositivi sale al 12,8% se si considerano gli animali appartenenti a proprietari con Covid-19. Questi dati, spiegano gli autori della ricerca, indicano che «alcuni degli animali inclusi nello studio sono entrati in contatto con il virus e hanno di conseguenza prodotto anticorpi. Ma la negatività dei loro tamponi, anche in animali di proprietari malati, suggerisce che il tempo di permanenza del virus nei loro tessuti, pur sufficiente a indurre una risposta anticorpale, sia molto breve e non associato allo sviluppo di malattia negli animali».
«Anche se non è possibile escludere che, effettuando il prelievo nei primi giorni di malattia del proprietario, anche gli animali domestici possano risultare positivi a test molecolari - precisano i ricercatori - i risultati dello studio suggeriscono che il ruolo epidemiologico degli animali da compagnia nell'infezione umana da Sars-CoV-2 sia molto limitato. Al contrario sembra possano essere i proprietari positivi a trasmettere transitoriamente il virus ai propri cani e gatti, con i quali andrebbero quindi evitati contatti stretti nel periodo di positività del proprietario».
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