Omicron, ecco perché il vaccino è efficace: cosa sono le cellule T e come rispondono all'attacco della variante

Un lavoro statunitense apparso su Nature ha confermato che l’efficacia dei vaccini contro l’infezione sintomatica viene mantenuta ed è fortemente correlata con la risposta dei linfociti T

Omicron, le cellule "killer" non stanno a guardare: ecco come rispondono all'attacco del virus
di Giampiero Valenza
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Venerdì 14 Gennaio 2022, 06:59 - Ultimo aggiornamento: 10:13

Le cellule T del sistema immunitario non stanno a guardare Omicron. Anzi. Sempre più studi confermano come siano in grado di rispondere concretamente all’attacco del virus Sars Cov-2 mutato. Un lavoro statunitense in pre-pubblicazione ha confermato che l’efficacia dei vaccini contro l’infezione sintomatica viene mantenuta ed è fortemente correlata con la risposta dei linfociti T, prevedendo come queste stesse cellule, indotte dalla vaccinazione, riducono morbilità e mortalità dall’infezione da Omicron.

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Le cellule T, cosa sono e come agiscono

I linfociti T sono un particolare gruppo di cellule immunitarie che nasce nel timo (ecco perché prendono il nome ‘T’) che rappresentano l’immunità acquisita. Questa stessa impostazione viene confermata da un lavoro coordinato dall’Università di Città del Capo. «Nonostante le estese mutazioni di Omicron e la ridotta suscettibilità agli anticorpi neutralizzanti, la maggior parte della risposta dei linfociti T, indotta dalla vaccinazione o dall’infezione naturale, riconosce la variante», spiegano gli studiosi nelle conclusioni dello studio.

Lo studio su Nature

Le buone notizie che vengono dalla scienza sulle cellule T non si fermano. Una ricerca dell’Imperial College di Londra, pubblicata su Nature Communications, sottolinea le loro capacità nel combattere Sars Cov-2 perché non si rivolgono contro la proteina Spike del virus, ma contro proteine più interne e meno soggette a mutazioni.

Quindi, cambiando di meno sono più in grado di riconoscerle. In un lavoro realizzato sui campioni di sangue di 52 persone durante la prima fase della pandemia hanno notato che 26 di loro, nonostante l’alta esposizione al virus, non avevano contatto l'infezione ed avevano livelli più alti di linfociti T.

 

Lo studio italiano

Anche uno studio italiano dell’Istituto di ricerca Santa Lucia Irccs di Roma aveva apprezzato la qualità delle cellule T di riconoscere la nuova variante e quindi di proteggere dalla malattia grave e dall'ospedalizzazione. Per lo studio, in questo caso, sono state condotte analisi immunologiche su campioni di sangue provenienti da 61 donatori che avevano effettuato diverse tipologie di vaccinazione. Il protocollo utilizzato per la ricerca è consistito nell'esposizione dei linfociti T dei donatori alla proteina Spike del ceppo originale di Sars Cov-2, contro cui sono stati preparati i vaccini attualmente in uso.

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