La variante Omicron continua a contagiare sempre più persone. Ma nello stesso tempo aumenta il numero degli studi che fanno conoscere meglio questa mutazione del virus. In particolare, una ricerca realizzata in Giappone e un'altra negli Stati Uniti mettono a fuoco il tempo necessario a raggiungere il picco di contagiosità e la durata dell'incubazione, anche se il numero inevitabilmente ancora ridotto dei casi esaminati renderà necessario approfondire tutti gli studi su Omicron nell'immediato futuro.
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Quando arriva il picco di carica virale
Della prima ricerca ne ha diffusamente parlato in questi giorni la rivista Forbes. Un nuovo studio, ha fatto sapere Forbes, condotto da ricercatori giapponesi, ha dimostrato che il picco di carica virale nelle persone infette da Omicron si verifica tra i tre e i sei giorni dopo l'insorgenza dei sintomi.
Il periodo di incubazione
Il secondo studio è stato invece realizzato negli Stati Uniti. Il 2 dicembre scorso il Nebraska public health laboratory ha identificato la variante Omicron nei campioni di 6 persone di età compresa tra gli 11 e i 48 anni. Un'intera famiglia contagiata dal virus, che è diventata protagonista della ricerca pubblicata dai Centers for disease control and prevention statunitensi. I risultati sembrerebbero suggerire l'esistenza di un periodo di incubazione più breve per Omicron rispetto alle varianti precedenti: circa 72 ore, 73 per l'esattezza quelle trascorse tra la prima possibile esposizione del caso 1 (un uomo di 48 anni non vaccinato, rientrato da una conferenza in Nigeria) al paziente indice e l'insorgenza dei sintomi. Potrebbero dunque essere necessari soltanto tre giorni prima che le persone mostrino i segni dell'infezione, diventino contagiose e risultino positive, secondo quanto emerge dal periodo di incubazione mediano osservato in questo cluster. Considerando che il periodo di incubazione mediano originario di Sars-CoV-2 è stato descritto come uguale o superiore a 5 giorni e risulta più vicino a 4 giorni per la variante Delta, i tempi di Omicron potrebbero essere accelerati.
Il caso delle reinfezioni
Quest'ultima indagine ha incluso tra l'altro un paziente che si è reinfettato anche dopo la vaccinazione completa, quattro pazienti che si sono reinfettati e uno al primo contagio. L'osservazione del cluster da un lato ha indicato l'incubazione abbreviata e una sindrome clinica simile o più lieve rispetto a quella associata a precedenti varianti, ma dall'altro ha aggiunto nuove evidenze a quelle che già indicano un aumento del potenziale di reinfezione che caratterizza il nuovo mutante. Le cinque reinfezioni, inclusa quella dopo la vaccinazione completa, potrebbero essere spiegate «dalla diminuzione dell'immunità, dal potenziale di evasione immunitaria parziale da parte di Omicron o da entrambi questi fattori», spiegano gli esperti precisando che «saranno necessari più dati per comprendere appieno l'epidemiologia della variante Omicron».
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