Omicron e Long Covid, come sono cambiati i bambini: gli effetti della pandemia su cervello e relazioni (ma non c'entra la mascherina)

Differenze a livello cerebrale ma anche di relazioni, di apprendimento e di rapporti con l'altro. Che però possono essere "recuperate"

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di Marco Prestisimone
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Lunedì 17 Gennaio 2022, 15:35 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 13:31

Gli effetti della pandemia - e ora più nello specifico di Omicron - sono destinati a vedersi solo a lungo termine. Eppure una fotografia della situazione per i più piccoli, a livello cerebrale ma anche di relazioni, di apprendimento e di rapporti con l'altro, già c'è. Chi è nato durante l'epoca Covid, chi si è infettato, avrà ripercussioni. In Israele intanto raccontano lo scenario come preoccupante: l'ondata Omicron rischia di avere conseguenze ben più gravi di Delta: «Ci stiamo preparando per una guerra negli ospedali». Finora non ci sono numeri affidabili sulla percentuale di bambini che, guarendo da Omicron, stanno sviluppando un Long Covid. Ma per Moshe Ashkenazi, direttore del reparto pediatrico dello Sheba Medical Center, anche se i sintomi più leggeri della variante vanno di pari passo con bassi tassi di Long Covid, potrebbero esserci ancora molti bambini che dovranno affrontare gli effetti collaterali del virus. «Dalle ondate precedenti riteniamo che tra il 7% e il 10% degli infetti abbia sviluppato Long Covid, ma con Omicron, il numero di infetti è così alto che anche se solo l'1% dei bambini infetti si ammalasse di Long Covid, causerebbe più casi di Long Covid pediatrici rispetto a Delta».

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Bambini nati prima e durante la pandemia, le differenze

Negli Stati Uniti sono diversi gli studi e i team di ricerca che in questi mesi stanno confrontando lo sviluppo motorio e cognitivo dei bambini nati prima e durante la pandemia. Gli ultimi raccontati da Nature sono del NewYork-Presbyterian Morgan Stanley Children's Hospital di New York City insieme a Morgan Firestein, ricercatore presso la Columbia University. E la ricerca ha riscontrato differenze nel neurosviluppo dei due gruppi di studio: i bambini nati durante la pandemia hanno ottenuto punteggi, in media, più bassi nei test di capacità motorie e comunicative rispetto a quelli nati prima. Non importava quindi se il loro genitore naturale fosse stato o meno infettato dal virus: sembrava esserci qualcosa di diverso nell'ambiente intorno alla pandemia. La ricerca preliminare suggerisce che lo stress correlato al Covid durante la gravidanza potrebbe influenzare negativamente lo sviluppo del cervello fetale in alcuni bambini. Inoltre, genitori esausti potrebbero interagire in modo diverso o farlo meno con i loro bambini piccoli in modi che potrebbero influenzare le capacità fisiche e mentali.

Lo stress prenatale potrebbe quindi contribuire ad alcuni cambiamenti nella connettività cerebrale. Il quadro è in evoluzione e molti studi non sono stati ancora sottoposti a revisione.

I deficit cognitivi e il "recupero" durante la vita

Alcuni ricercatori sostengono che la maggior parte dei bambini che in questo momento stanno rimanendo indietro nello sviluppo, saranno in grado di recuperare il ritardo senza effetti duraturi. «Non mi aspetto che scopriremo che c'è una generazione che è stata ferita da questa pandemia», ha detto Moriah Thomason, psicologa infantile e dell'adolescenza presso la Grossman School of Medicine della New York University. 

Ma perché i bambini nati durante la pandemia dovrebbero presentare deficit cognitivi e motori significativi? Secondo i ricercatori, il problema potrebbe nascere dalla mancanza di interazioni uomo-uomo. Registrando le interazioni genitore-figlio a casa, si è scoperto che il numero di parole pronunciate dai genitori ai propri figli e viceversa negli ultimi due anni è stato inferiore rispetto agli anni precedenti. Allo stesso modo, i neonati non stanno avendo uno sviluppo "normale" perché non stanno giocando regolarmente con altri bambini e non stanno frequentando i parchi giochi.

L'effetto delle mascherine

I bambini che hanno frequentato la scuola o altri contesti di gruppo durante la pandemia hanno in genere interagito con altri che indossavano mascherine a coprire metà del viso. E queste ultime, oscurando il volto, possono influenzare lo sviluppo emotivo e linguistico dei bambini? 

Edward Tronick, uno psicologo dell'Università del Massachusetts di Boston, ha condotto un esperimento (che non è ancora stato sottoposto a revisione tra pari) in cui i genitori hanno utilizzato gli smartphone per registrare le interazioni con i loro bambini prima, durante e dopo aver indossato le mascherine. 

Anche se i bambini hanno notato quando i loro genitori indossavano le mascherine - cambiando la loro espressione facciale, distogliendo lo sguardo o indicando la mascherina - continuavano a interagire con i loro genitori come prima. I bambini «compensano i deficit di informazioni più prontamente di quanto pensiamo», afferma un ricercatore. «Ci sono molti altri segnali che i bambini possono usare per analizzare come si sentono le altre persone, come le espressioni vocali, le espressioni del corpo, il contesto». 

 

Gravidanze, cosa succede

E se una donna è incinta? Quasi inevitabile che in quei mesi sia sottoposta a uno stress particolare, a maggior ragione con le preoccupazioni derivate dalla pandemia. I ricercatori hanno intervistato più di 8.000 donne in gravidanza, utilizzando risonanza magnetica per scansionare il cervello di 75 bambini 3 mesi dopo la nascita. In un preprint pubblicato a ottobre, hanno scoperto che i bambini nati da persone che riferivano più sofferenza prenatale - più sintomi di ansia o depressione - mostravano connessioni strutturali diverse tra la loro amigdala, una regione del cervello coinvolta nell'elaborazione emotiva, e la loro corteccia prefrontale, un'area responsabile per le capacità di funzionamento esecutivo.

«Anche se i cervelli dei bambini sono veramente colpiti dalla pandemia, c'è ancora tempo per riportarli in rotta», spiegano i ricercatori. In definitiva, la maggior parte dei bambini non svilupperà problematiche a lungo termine, ma più bimbi del solito potrebbero avere delle difficoltà. «I bambini sono sicuramente molto resistenti. Ma allo stesso tempo, riconosciamo anche l'importanza dei primi 1.000 giorni di vita di un bambino come le prime basi cruciali». I primi bambini pandemici, nati a marzo 2020, hanno ormai più di 650 giorni. Ma allora come aiutarli? «Possiamo stimolarli e giocare con loro, leggere per loro e amarli: questa è l'unica ricetta».

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