Fino a pochi mesi fa era un evento più unico che raro: con l’avvento di Omicron e della sua subvariante, Omicron 2, anche chi si è già contagiato corre il rischio concreto di incappaer in una seconda infezione. Ad evidenziarlo sono i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss) che evidenziano come nelle ultime settimane il tasso delle reinfezioni sul totale dei casi registrati sia in crescita. «L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 - data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron, si legge nel report dell’Iss - evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione».
Omicron 2, chi sono i più esposti
In particolare i più esposti sono coloro che sono risultati positivi oltre 210 giorni fa.
Gli esperti
«Contrarre nuovamente il virus dopo la guarigione oggi è una possibilità concreta - spiega Roberto Cauda direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma - tuttavia è bene ribadire che questo non è assolutamente scontato. Nonostante Omicron 2 appaia quasi certamente più trasmissibile della variante “uno” e che secondo alcuni studi abbia anche una maggiore patogenicità, al momento non sembra avere un impatto epidemiologico rilevante». Intanto però, a causa dell’aumento generalizzato dei contagi è inevitabile che l’allarme resti alto. «Il virus sta di nuovo circolando molto e registriamo molte reinfezioni, in prevalenza nei giovani - dice invece Claudio Mastroianni, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e ordinario di Malattie infettive all’Università Sapienza di Roma - È ancora presto per dire se questo aumento dei contagi avrà una ripercussione anche sui ricoveri. Al momento le strutture non sono sotto stress, ma dipenderà dai numeri che avremo nei prossimi giorni. Anche l’anno scorso si era verificata nello stesso periodo una ripresa dei casi. Abbiamo a che fare oggi con varianti più contagiose, con l’infezione che colpisce anche i vaccinati. La cosa positiva è che il vaccino, soprattutto la dose booster, protegge dalla malattia grave ed evita il ricovero».
La situazione
In ogni caso, al netto delle reinfezioni e del rialzo dei contagi, è presto per parlare di quinta ondata. Eppure non si tratterebbe neanche un “rimbalzo” rispetto all’ultima fase. I dati sono infatti troppo eterogenei tra i vari territori per poter dare un’etichetta. Incidenza per 100mila abitanti più alta al centro-sud, in particolare in 8 regioni (Umbria, Puglia, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Abruzzo e Toscana) mentre per ora va meglio il Nord con minore circolazione virale nelle tre maggiori regioni dove vivono quasi 20 milioni di persone (Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna) nonostante la prevalenza di Omicron 2 sia più elevata (68%), mentre risulta più bassa (32%) al Sud. Questa l’analisi del presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che ha fatto il punto sull’andamento dell’epidemia evidenziando anche, con l’incremento dei casi, «segnali iniziali d’impatto, seppur limitato, sugli ospedali». Anche per questo, ha concluso Cartabellotta, la proposta delle regioni di abolire il monitoraggio quotidiano non può stare in piedi.