«A Natale rischio terza ondata», Ippolito (Spallanzani): periodo più critico sarà febbraio-marzo

«A Natale rischio terza ondata», Ippolito (Spallanzani): periodo più critico sarà febbraio-marzo
di Mauro Evangelisti
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Mercoledì 11 Novembre 2020, 23:59 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 20:40

«Prima di tutto dobbiamo ancora capire se si sta raffreddando la seconda ondata. Ma a gennaio dovremo comunque fare attenzione alla terza. Successe anche con la Spagnola, le ondate furono tre. E dobbiamo evitare a Natale e a Capodanno di commettere gli stessi errori dell’estate. Entro primavera partirà l’operazione per proteggere gli italiani con i vaccini, arriveranno i monoclonali. Ecco, non possiamo essere imprudenti: proprio all’inizio dell’anno prossimo potremo iniziare a controllare la pandemia». Il professor Giuseppe Ippolito è il direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma e componente del Comitato tecnico scientifico.

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Quanto dobbiamo preoccuparci?
«Uno dei grandi pericoli è il panico.

Dobbiamo essere attenti e prudenti, ma non dobbiamo cadere nel panico. La maggior parte dei pazienti giovani con sintomi guarisce da questa malattia. E tra chi finisce in terapia intensiva, secondo uno studio internazionale, la percentuale dei decessi è molto alta solo dopo una certa età, il 71,3 per cento tra 61 e 70 anni, il 77,1 tra 71 e 80, l’84,4 oltre gli ottant’anni. Sgombriamo inoltre il campo da notizie che girano: non sono state rilevate mutazioni del virus tali da farci affermare che ci possono essere conseguenze dal punto di vista diagnostico e terapeutico o che incideranno sull’efficacia del vaccino».

Come siamo arrivati a una seconda ondata tanto aggressiva?
«Tutti coloro che hanno esperienza di malattie infettive si aspettavano una seconda ondata. Purtroppo, dopo un’estate caratterizzata dalle criticità di certi comportamenti, è avvenuto ciò che avvenne per la seconda ondata della Spagnola che fu associata a spostamenti e comportamenti. Oggi abbiamo l’esigenza di far arrivare in ospedale solo chi ne ha veramente bisogno. Ma la risposta della medicina di territorio è risultata carente».

Si riferisce ai medici di base?
«Molti pazienti ci raccontano che è impossibile essere visitati dal medico di famiglia e che preferiscono andare in pronto soccorso con la conseguenza di affollamenti e ritardi. Stiamo vivendo la stessa situazione di pressione dell’influenza degli anni passati. Sia chiaro, conosco tanti medici di base che fanno il massimo, ed altri che, come i colleghi ospedalieri, sono più spesso in Tv che in reparto. Però il sistema dei medici di famiglia va profondamente riorganizzato. C’è chi ha 1.500 pazienti e quando può visitarli a casa in un momento come questo in cui i casi di febbre sono tanti? Certi studi sono piccoli e pieni di gente, come si garantisce la sicurezza? Dobbiamo ripensare il sistema della medicina di base».

Il professor Locatelli ha parlato di «decelerazione della curva dei contagi».
«L’analisi del professor Locatelli è stata perfetta. Ma non è un “liberi tutti”. Al contrario, dobbiamo ancora capire se il rallentamento della corsa del contagio sia tale da metterci in sicurezza in tempi rapidi. Ricordiamoci sempre che l’andamento dell’epidemia nelle Regioni viene misurato con 21 indicatori che definiscono l’inserimento in una delle tre fasce. Si vanno a valutare tre “pacchetti” di numeri: la capacità di monitorare, di accertare le infezioni e indagare i contatti, la tenuta sanitaria negli ospedali. Il sistema fa sì che ogni settimana, sulla base dei numeri elaborati dalla cabina di regia, si assegnino le fasce di rischio alle Regioni. Dobbiamo aspettarci dei cambiamenti, è nella logica del meccanismo. Ma per capire se siamo sulla strada giusta, bisogna attendere altre due settimane. Invece per vedere effetti su un allentamento del peso sulle terapie intensive, è necessario aspettare fino all’8 dicembre. In altri Paesi che hanno deciso prima di noi misure di contenimento, una frenata del contagio c’è stata, penso a Francia e Spagna. I numeri sono ancora molto alti, però è un segnale incoraggiante».

Ma a gennaio e febbraio rischiamo la terza ondata?
«È indubbio, a Natale e Capodanno dobbiamo mantenere misure di contenimento dell’epidemia, dobbiamo evitare viaggi, feste e grandi riunioni familiari. Si tratta di un sacrificio, ma pensiamo che a Natale 2021 potremo tornare a festeggiare. I benefici di vaccini, anticorpi monoclonali e nuovi farmaci, li vedremo già in primavera. Io però concordo con Fauci: per tornare alla normalità, servirà tutto il 2021».

La terza ondata può coincidere con il picco dell’influenza.
«Possibile, però i dati che ci arrivano dal Sud America, penso all’Argentina, sono incoraggianti: le cautela che stiamo usando contro il coronavirus, come le mascherine, hanno ridotto drasticamente anche la diffusione dell’influenza».
 

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