Langya, cosa sappiamo sul nuovo virus? I sintomi (dalla tosse alla febbre) e quali rischi si corrono

Nelle provincie di Shandong e dell'Henan 35 persone sono state infettate da un nuovo virus di origine animale

Langya, il nuovo virus scoperto in Cina: i sintomi per riconoscerlo (affaticamento, febbre) e quali rischi
di Mario Landi
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Giovedì 11 Agosto 2022, 10:21 - Ultimo aggiornamento: 14:20

Langya, il nuovo virus che in Cina ha infettato già 35 persone. Ma cosa sappiamo finora? Ha origine animale nelle regioni di Shandong e dell'Henan. Si tratta di un nuovo virus RNA, un henipavirus che può colpire anche fegato e reni. È stato identificato dagli scienziati di Pechino e Singapore e ad oggi i ricercatori ritengono che i sintomi più comuni di questa infezione siano febbre, affaticamento, tosse, perdita dell’appetito e dolori muscolari, come emerso dalle prime indagini pubblicate in uno studio sul New England Journal of Medicine (NEJM). Il virus può colpire anche fegato e reni, compromettendone la funzione.

Langya, il nuovo virus cinese che proviene dal toporagno: già 35 contagiati. Colpisce fegato e reni

Langya, sintomi e come riconoscerlo 

I sintomi più comuni dell'infezione sono febbre, affaticamento, tosse, dolori muscolari e perdita dell'appetito. In alcuni rari casi il virus può colpire fegato e reni danneggiandoli. Secondo gli studi effettuati ad oggi (basati sui soli 35 casi riconosciuti) i sintomi più comuni sono febbre (100% dei casi – 26 su 26 casi di LayV in assenza di altre infezioni), affaticamento (54%), tosse (50%), perdita dell’appetito (50%), diminuzione dei globuli bianchi (54%), dolori muscolari (46%). Un buon numero di pazienti, (il 38%) manifesta invece nausea, mal di testa (35%) vomito (35%), bassa conta piastrinica (35%), insufficienza epatica (35%). Solo l'8% dei casi presenta un'insufficienza renale. Al momento non si è registrato alcun decesso legato al virus ,anche se il patogeno è comunque motivo di allerta e sono necessari studi più approfonditi sugli effetti che può avere sull'organismo.

Come si trasmette 

Il virus si trasmette dagli animali attraverso il contatto con fluidi corporei, tessuti infetti, escrezioni o secrezioni di animali infetti. Dai test effettuati, i "portatori" di questo virus sono soprattutto i toporagni (sono state individuate tracce di questo virus nel 27% dei toporagni esaminati).

Le analisi su bestiame e altri animali hanno mostrato che capre e cani hanno invece anticorpi contro la malattia. 

Non è ancora chiaro se il virus possa trasmettersi da uomo a uomo: il tracciamento dei contatti di 9 positivi e 15 familiari non ha individuato alcun caso di trasmissione interumana. Nei 35 casi noti, gli infetti non avevano avuto contatti tra loro ma erano tutti stati esposti agli animali. Gli esperti ipotizzano dunque che la trasmissione da uomo a uomo del virus possa essere sporadica. 

Non è possibile ancora stimare il tasso di mortalità della malattia. Per altri henipavirus di trasmissione animale, come il virus Nipah, l’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta un tasso di mortalità tra il 40 e il 75%, molto più alto del Covid (da 0,1 a oltre il 25%). 

 

Virus Langya, terapie e vaccini disponibili 

Al momento non esistono terapie o vaccini specifici contro gli Henipavirus zootici (di provenienza animale). Esiste però dal 2012 un vaccino usato negli animali che combatte una delle sei specie di henipavirus (il virus Hendra) che può causare patologie gravi nei cavallie  nell'uomo. Contro il virus Nipah sono in fase di sperimentazione alcune terapie (monoclonali). 

Per prevenire il contagio vanno adottate misure standard di prevenzione: utilizzare guanti e dispositivi di protezione durante la manipolazione di animali malati, durante le procedure di macellazione,  evitando il più possibile di entrare in contatto con animali che si sospetta siano infetti, evitare il contatto stretto con persone infettate dal virus. 

Giorgio Palù: «Malattia è osservata speciale» 

L'Organizzazione mondiale della sanità guarda con sospetto a questo patogeno per la sua parentela «con virus ad alta letalità» spiega Giorgio Palù, professore emerito di virologia dell'Università di Padova e presidente dell'Agenzia italiana del farmaco. 

«Sappiamo poco del virus Langya che pure appartiene a una famiglia nota da tempo e ad alta letalità. Sappiamo che ha la sua sorgente in un roditore, un topo ragno. Il dato rassicurante è che questo virus, identificato in una paziente cinese, non sembra avere la capacità di diffondersi da uomo a uomo e pare abbia una patogenicità relativamente bassa».  Langya è un henipavirus, appartiene a un genere già conosciuto dalla fine del '900, e fa parte della famiglia dei paramyxovirus, « a cui appartengono altri virus che conosciamo come il parainflluenzale, il virus respiratorio sinciziale», conclude Palù. 

La veterinaria Caramelli: va sorvegliato

«C'è una certa preoccupazione per questo focolaio cinese» spiega Maria Caramelli, veterinaria del Laboratorio sorveglianza malattie emergenti dell'Istituto zooprofilattico del Piemonte. Ora però questo cluster è legato a condizioni di promiscuità con gli animali. Sappiamo che per questo genere di virus un passaggio uomo-uomo è sporadico e ha una scarsa efficacia, ma non può essere escluso, come ci insegnano altri casi».  

«Oltre il 70% delle malattie che colpiscono l'uomo arrivano dagli animali e questo ci deve far ragionare sull'importanza della prevenzione e della sorveglianza che in Europa è alta, ma in altri Paesi è più bassa. Certo il fatto che questo cluster sia venuto alla luce è un buon segnale» conclude Maria.

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