Inchiesta Covid, le chat. Brusaferro: «Tutti pensano che il test serva a qualcosa». Le intercettazioni: «Qui è come la guerra mondiale»

L'inchiesta di Bergamo sul Covid in Val Seriana

Inchiesta Covid, Brusaferro: «Tutto pensano che il test serva a qualcosa». Le chat: «Qui è la guerra mondiale»
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Domenica 5 Marzo 2023, 13:28 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 08:49

I test Covid e le chat. Continua il caso legato all'indagine sull'inizio della pandemia. «Il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa». Il 22 febbraio 2020, il giorno dopo Paziente 1, il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro è scettico sull'uso dei tamponi a tappeto. Lo dimostra una chat con Francesco Curcio direttore del Dipartimento di medicina di Laboratorio di Udine. Agli atti dell'inchiesta di Bergamo sul Covid in Val Seriana. In quel periodo la valutazione era non procedere con l'«uso massiccio dei tamponi», anche se da Londra era stato comunicato che «oltre 2/3 dei portatori sani provenienti dalla Cina sono rimasi undetected e hanno avuto il tempo di diffondere il virus».

Brusaferro e le parole sui tamponi

Brusaferro, quel giorno, commentava la situazione: «Come puoi immaginare siamo in continuazione in comitato di crisi».

E Curcio: «Ho immaginato. Noi siamo preparati». Brusaferro: «Il punto è l'adozione sistematica delle precauzioni standard, droplets area». Il Direttore del Dipartimento di Udine proseguiva:«Qui il problema adesso è l'iperafflusso: in un paio di ore abbiamo già un centinaio di richieste di test. Rischiamo di saturare i sistemi di accoglienza e quelli di diagnosi». Il Presidente dell'Iss rispondeva «già il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa». «E poi così con questi numeri - osservava Curcio - adesso, senza una vera emergenza non oso pensare alle richieste che faranno quando avremo i primo casi. Facciamo presto a rimanere senza materiali».

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Allora si era deciso di eseguire i tamponi ai soli casi di sindrome simil-influenzale e di sindrome da distress respiratorio acuto. Inoltre annotano nella loro relazione gli investigatori, Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, «evidenziava l'inutilità di sottoporre a tampone le persone asintomatiche ed il Ministero faceva propria questa indicazione, benchè il 25 febbraio 2020, I tecnici, tra cui lo stesso Brusaferro, avessero ricevuto una mail da Londra su problema degli asintomatici. Sempre il 25 febbraio il Presidente dell'Iss in un messaggio aveva affermato che »la polemica su tutte le« sindromi simil influenzali »da tamponare sta scoppiando! dobbiamo proporre rapidamente una soluzione«. Secondo la relazione tra i motivi per cui già allora non si sia proceduto con tamponi a tappeto trova anche spiegazione nel fatto che »né il Ministero, né la task force istituita presso il Gabinetto, né il CTS, né, tantomeno, le Regioni, avevano previsto lo stoccaggio di tamponi e di reagenti, ma si erano limitati ad una semplice ricognizione dell'esistente.Nulla era stato fatto nemmeno riguardo l'ampliamento del numero di laboratori in grado di diagnosticare il Covid«, tant'è che nelle prime settimane dell'epidemia »i tamponi processati nei laboratori regionali dovevano poi essere trasmessi a Roma per la conferma da parte del laboratorio dell'ISS«.

Le intercettazioni 

«Non si può non segnalare il ritardo del Ministero della salute nella gestione dell'emergenza. Solo il 4 marzo 2020, infatti, approntava una prima stima dei costi per l'acquisto di attrezzature ospedaliere, allorquando ormai in Lombardia vi erano già 1.820 casi, 73 deceduti e 209 persone in terapia intensiva». È una delle considerazioni contenute nella chiusura inchiesta dei magistrati di Bergamo che per tre anni hanno cercato di ricostruire le prime fasi della pandemia e le risposte istituzionali all'emergenza Covid. Nelle quasi 2500 pagine dell'inchiesta in cui si raccolgono documenti ufficiali, chat e le testimonianze di politici ed esperti in prima linea, emergono i punti di debolezza: tracciamento, tamponi e medici di base, ma vengono alla luce anche quelle che sono anche visioni diverse di come affrontare e rispondere al virus che avanza inesorabile. In una chat del 23 febbraio 2020 Giuseppe Ruocco, ex segretario generale del ministero della Salute scrive: «qui si stanno demoralizzando tutti, e il ministro ormai è nel pallone» e sei giorni dopo, sempre con la stessa interlocutrice, «Sta succedendo di tutto: pareri del comitato difformi da Conte e ministro, ripensamenti sollecitati, gente richiamata a venire qui... la guerra mondiale». Gli atti ricostruiscono l'emergenza, giorno per giorno, in un crescendo di richieste da parte di esponenti delle Regioni e medici che lottano per avere qualche mascherina o anche solo pochi tamponi che diventano sempre più appelli quasi disperati.

Guerra e i messaggi a Brusaferro

«Ma fare tamponi a tutti adesso è la cazzata del secolo». Così il 15 marzo 2020, in pieno lockdown, Ranieri Guerra, allora numero due dell'Oms commentava via WhatsApp con Silvio Brusaferro, presidente dell'Iss a cui aveva chiesto de era vera la decisione «di fare tampini a tutti a tappeto». Nella chat, agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid in Val Seriana, Brusaferro rispondeva a Guerra «No è che ognuno va per conto suo». E il direttore vicario dell'Oms rassicurava: «ho parlato con Galli, poi, e gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti... ha convenuto, spero...».

I locali

«Anch'io sarei stato drastico su ristoranti, bar, centri sportivi etc.. E Invece le varie lobby li hanno lasciati aperti. Sbagliato. Se devi intervenire, intervieni in modo rigido, altrimenti non serve». Così la sera del 3 marzo 2020 in un messaggio Whatsapp il sindaco di Nembro Claudio Cancelli, commentava al telefono con un imprenditore della zona la notizia, che circolava, della istituzione della zona rossa in Val Seriana. La chat è agli atti dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Covid.

Ruocco nelle chat: «Mancano mascherine» 

«Sta succedendo di tutto: pareri del comitato difformi da Conte e Ministro, ripensamenti sollecitati, gente richiamata a venire qui, la guerra mondiale». È uno dei messaggi WhatsApp tra Giuseppe Ruocco, ex segretario generale del ministero della Salute, e una funzionaria ministeriale, ora agli atti dell'inchiesta di Bergamo. Ruocco, il 29/2/2020 scriveva : «mancano le maschere, Conte ci fa cambiare le misure per la prossima settimana (chiusure/aperture) mano a mano che sentono le regioni; ci chiedono di ipotizzare ospedali da campo e attrezzature relative; ci chiedono linee guida per la gestione sub intensiva dei pazienti etc etc».

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