Di fronte al picco di casi di epatite sconosciuta individuati nel Regno Unito e alle 17 segnalazioni di possibili infezioni in tutta Italia indicati dal ministero della Salute, la preoccupazione dei genitori è evidente. E il timore è che i dati possano continuare a crescere. «Al 21 aprile – ricorda Francesco Vaia, direttore generale dello Spallanzani – sono stati segnalati 169 casi di epatite acuta di origine sconosciuta da 11 paesi nella regione europea dell’Oms e un paese nella regione delle Americhe. I casi hanno un’età compresa tra 1 mese e 16 anni.
Diciassette bambini, il 10%, hanno richiesto un trapianto di fegato. È stato segnalato almeno un decesso».
Per il momento non esistono dati certi sulla diffusione di questa patologia a livello globale.
COSA FARE
Ecco perché, prima di pensare al peggio, è bene che i genitori facciano attenzione ad alcuni aspetti particolari. «Se una mamma o un papà si accorgono che il comportamento del figlio è diverso – mette in guardia Maggiore – cioè che il bimbo appare per esempio più stanco, è già un segnale importante, ed è l’occasione per rivolgersi al pediatra». Ma il vero campanello di allarme appare quando la malattia è già avanzata. «Il segno chiaro è l’ittero, cioè la colorazione giallastra della cute – dice ancora Maggiore –. Ma siamo in una condizione di concreta attenzione, e quindi necessariamente il bambino deve essere portato subito al pronto soccorso».
I CONTROLLI
Solo a questo punto i medici potranno valutare se si tratta di un malessere importante. A confermare un’eventuale epatite in corso saranno gli accertamenti diagnostici. «L’Oms raccomanda di eseguire test su sangue, siero, urina, feci e campioni respiratori – dice Vaia – nonché campioni di biopsia epatica, con un’ulteriore caratterizzazione del virus che includa sequenziamento. Altre cause infettive e non infettive devono essere studiate a fondo». Nei casi in cui si ipotizza una epatite, il bambino viene subito preso in carico da un centro specializzato. «Una epatite grave senza causa conosciuta è un fenomeno che osserviamo da sempre. Il problema in questi casi è il tempismo. Nel momento in cui c’è il timore che siamo di fronte a questa situazione occorre sottoporre il bambino agli esami e alle visite necessarie».
I MEDICINALI
Solo a quel punto verranno prescritte le cure opportune a seconda del singolo caso. «Innanzitutto – precisa l’esperto del Bambino Gesù – questi bambini devono essere sorvegliati. La base della presa in carico è la terapia di supporto, che riceveranno in un centro specialistico. Occorre poi controllare giornalmente i parametri di funzione, valutare se hanno dei problemi riduzione del fattore di coagulazione». Inutile, quindi, far assumere a casa farmaci, magari a base di antibiotici. «La cura per l’epatite non è specifica. Non dimentichiamo che quando è in corso un’epatite nei bambini, in genere il fegato che viene danneggiato ha però la grossa capacità di rigenerarsi. Ma bisogna dargli il tempo». Intanto, sottolinea Vaia, «la priorità è determinare la causa per guidare le azioni di controllo e prevenzione. Sappiamo che le misure di prevenzione per l’adenovirus e altre infezioni comuni comprendono il lavaggio regolare delle mani e l’igiene respiratoria».
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