Ricciardi: «Il coprifuoco non serve, meglio i lockdown locali»

Ricciardi: «Il coprifuoco non serve, meglio i lockdown locali»
di Mauro Evangelisti
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Sabato 24 Ottobre 2020, 22:05 - Ultimo aggiornamento: 25 Ottobre, 14:42

«Cosa abbiamo sbagliato? Molte Regioni non hanno fatto ciò che dovevano fare quest’estate per adeguare il sistema, oggi ne paghiamo le conseguenze. Abbiamo poche settimane per intervenire. Servono chiusure locali, anche regionali, perché il coprifuoco non funziona, lo abbiamo visto con gli scarsi risultati della Francia».

Il professor Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute e professore di igiene alla Cattolica, fa parte del gruppo di coloro che, anche quando la curva si era abbassata, invitava a mantenere alta la guardia; nelle ultime settimane più volte ha spiegato che il ritmo di crescita dei nuovi casi e dei ricoveri era insostenibile, ma lui stesso non si aspettava che in così poco tempo saremmo arrivati a sfiorare quota 20 mila nuovi casi positivi al giorno.

Riportare la curva dei contagi e soprattutto dei ricoveri su numeri meno significativi ora sarà molto, molto complicato.

Professore, quanto dobbiamo essere preoccupati?
«Mettiamola in questo modo: in una scala da 1 a 10 il mio livello di preoccupazione arriva a 9».

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Cosa abbiamo sbagliato? Perché oggi ci troviamo in una situazione così difficile? Questa estate avevamo pensato che il peggio fosse passato.
«È stato sbagliato l’approccio da parte delle Regioni. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva preparato un piano in cinque punti sulle cose che dopo la prima fase andavano fatte per mettere in sicurezza il sistema sanitario italiano. Questo piano è stato ampiamente sottovalutato, in particolare alcune Regioni lo hanno assolutamente ignorato».

A cosa serviva il piano?
«Era il piano del ministro per la ripresa. Era, come detto, sviluppato in cinque punti. Si parlava dei comportamenti da rispettare; c’erano i finanziamenti per i Covid Hospital, dunque per strutture esclusivamente dedicata ai pazienti con questa patologia; c’erano risorse per ristrutturare i pronto soccorso, in modo che vi fossero percorsi differenti per i casi Covid; parliamo anche dei finanziamenti per rafforzare la medicina territoriale, dunque per i medici di medicina generale e per i servizi di tracciamento e per l’assistenza domiciliare; infine, si doveva puntare sul tracciamento tecnologico, per una maggiore diffusione della app Immuni. Tutte queste cose spesso non sono state fatte e oggi ne paghiamo le conseguenze».

Oggi come possiamo affrontare la situazione?
«Forse ricorderà che due settimane fa io avevo detto che con delle contromisure avremmo potuto arginare una epidemia che ci avrebbe portato a 16mila casi al giorno entro Natale. In realtà, i 16 mila casi li abbiamo avuti giovedì. Si tratta chiaramente di un ritmo di crescita insostenibile. Ogni giorno che passa, senza che vengano prese misure molto rigorose, la situazione peggiora. A questo punto non bastano più le misure di contenimento, servono quelle di mitigazione».

Cosa significa?
«Servono lockdown mirati ad alcune province o anche regioni. In altri termini: se non facciamo tempestivamente chiusure mirate, poi presto saremo costretti a ricorrere a chiusure generalizzate».

Quando parla di chiusure mirate, si riferisce a determinate categorie o fasce orarie, o a territori da mettere in sicurezza?
«Io parlo di aree geografiche».

In sintesi: è più importante concentrarsi con chiusure molto rigorose nelle aree dove il virus è fuori controllo invece che intervenire con coprifuoco, limitazioni degli orari e delle attività di alcune categoria.
«Guardi, le misure legate agli orari non hanno alcuna evidenza scientifica. Dove sono state applicate, non hanno avuto effetto nel contenimento. La Francia applica il coprifuoco da una settimana, ma l’incremento dei contagi è ancora molto sostenuto. Per questo dico che è più importante intervenire tempestivamente nelle aree dove il virus è fuori controllo».

L’emergenza Covid rischia di avere anche gravi effetti collaterali, perché peggiora l’assistenza ad altre malattie.
«Rischiamo di pagare, già adesso, un prezzo altissimo. Il mancato potenziamento degli ospedali, che doveva essere fatto da giugno in poi, oggi porta tutti a concentrarsi sui casi di coronavirus a cui bisogna trovare posto nei reparti perché gli ospedali riservati ai pazienti Covid sono già saturi. Questo compromette l’assistenza ai pazienti di altre patologie, perché i reparti vengono chiusi o riservati, appunto, solo ai pazienti Covid».

Oggi il professor Palù dichiara che il 95 per cento dei contagiati è asintomatico.
«Che cosa significa? Se i sintomatici sono il 5 per cento su decine di migliaia di casi positivi, avremo una pressione sugli ospedali di migliaia di pazienti Covid. Si tratta di una sciocchezza».


Quanto la preoccupano le proteste di venerdì sera a Napoli?
«Non c’è dubbio che sia stato un evento organizzato. Ciò premesso, che questa epidemia possa trasformarsi da una emergenza sanitaria a una emergenza sociale è indubbio. Per questo, è necessario prendere delle misure coraggiose e tempestive prima che sia troppo tardi. Abbiamo già perso due settimane».

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