Covid, piano per non chiudere l’Ue: tamponi sui voli in partenza

Covid, piano per non chiudere l’Ue: tamponi sui voli in partenza
di Mauro Evangelisti
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Domenica 30 Agosto 2020, 00:34 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 16:19

L’intesa è vicina e punta a mantenere aperte le frontiere e a non bloccare i voli, a prescindere dall’andamento della pandemia. Spagna, Francia, Germania e Italia stanno trattando per raggiungere un accordo, basato su un principio di reciprocità, che preveda l’effettuazione dei tamponi sia alle partenze, sia agli arrivi, per i voli tra le quattro nazioni. Sarà un progetto apripista. C’è la convinzione che poi altri Paesi seguiranno l’esempio.

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RAPIDI
Non si rischia di mandare in tilt il traffico aereo? No, perché la tecnologia è migliorata rispetto ai primi mesi dell’epidemia, quando si poteva ricorrere solo al tampone molecolare, per il quale servono in media 48 ore. Ora ci sono a disposizione dei tamponi antigenici rapidi che danno una risposta in 15-20 minuti. Fanno la fotografia del presente, ci dicono se siamo contagiati in quel momento, non sono come i sierologici che valutano solo se abbiamo sviluppato gli anticorpi. La Regione Lazio ne sta già usando un tipo, con ottimi risultati, negli aeroporti di Fiumicino, Ciampino e al Porto di Civitavecchia. Presto li utilizzerà anche nei drive in sparsi a Roma. Quando si fa la verifica incrociando il risultato con quello del tradizionale tampone molecolare, si dimostra l’attendibilità del sistema.

INCOGNITE
Servono investimenti, certo, perché comunque tra questi quattro paesi ogni giorno viaggiano decine di migliaia di passeggeri, spesso anche da aeroporti minori. Ma ormai sta sempre più prendendo forza lo scenario che all’Istituto Spallanzani di Roma chiamano «un tampone, un biglietto»: il test sul coronavirus sta diventando una procedura necessaria come quella che ci fa perdere una decina di minuti ai metal detector. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, sta dialogando con i governi dei quattro paesi, sente spesso l’omologo spagnolo. Nessuno vuole arrivare a misure come quelle decise dall’Ungheria, che dal primo settembre chiude le frontiere e che di fatto mettono in discussione il senso stesso dell’Unione europea.

IL PRECEDENTE
Ad oggi, per quattro paesi a rischio, dai quali stanno tornando centinaia di turisti italiani contagiati - Croazia, Spagna, Grecia e Malta - si è scelta la strada dei tamponi eseguiti al rientro, non della quarantena obbligatoria, che avrebbe causato non pochi problemi diplomatici. Allo stesso tempo, non si può fare finta di non vedere quello che sta succedendo in Francia: venerdì registrati oltre 7.000 casi in un giorno, ieri si è superata quota 5.000, lo stesso Macron dice che non può escludere a priori (anche se intende evitarlo) che, in futuro, sia necessario il lockdown, mentre le autorità sanitarie francesi parlando di «crescita esponenziale». Anche la Spagna si avvicina ai 4.000 casi giornalieri e ha il tasso di incidenza, sulla base del numero di abitanti, più alto d’Europa. Infine, la Germania ha una situazione simile a quella italiana, circa 1.500 casi al giorno, ma la Merkel ha avvertito che stanno arrivando giornate difficili. In queste condizioni, in attesa del vaccino, se non si vogliono bloccare gli spostamenti per ragioni di lavoro, affari e studio, c’è solo una soluzione: un biglietto, un tampone. L’alternativa è richiudere i confini, un trauma.

DIALOGO
La sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, a Rainews24 ha spiegato: «C’è già un’interlocuzione avviata dal ministro Speranza con il governo francese. Si sta valutando il tema della reciprocità. Non solo con la Francia, lo si sta immaginando anche con la Spagna, cioè tamponi di controllo in andata e uscita. Io credo che questa possa essere una scelta che tutela tutti». Ma lo scenario è più ampio e coinvolge anche la Germania e punta a una solidarietà europea che è, in fondo, la stessa messa in campo su un progetto comune per l’acquisto del vaccino di AstraZeneca, elaborato dall’Università di Oxford con il contributo dell’italiana Irbm.

 

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