Covid, siamo usciti dall’emergenza? I virologi: «Le precauzioni vanno tenute»

Covid, siamo usciti dall emergenza? I virologi: «Le precauzioni vanno tenute»
di Graziella Melina
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Sabato 5 Giugno 2021, 00:28 - Ultimo aggiornamento: 19 Febbraio, 13:35

La corsa del virus continua a rallentare. Secondo i dati elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità, nella settimana dal 24 al 30 maggio l’indice Rt è sceso a 0,68 (la settimana precedente era 0,72), mentre l’incidenza si attesta a 36 casi su 100mila abitanti (prima era 51). Il bollettino della Protezione Civile di ieri conferma il trend in calo: 2.257 nuovi casi su 220.939 tamponi, il tasso di positività è all’1,15%, 73 i decessi. Dal 7 giugno 4 regioni (Abruzzo, Liguria, Umbria e Veneto) passeranno in zona bianca. Da metà giugno, dovrebbe poi toccare a tutte le altre. A determinare il rallentamento dell’epidemia, spiegano gli esperti, contribuiscono in realtà più fattori. Intanto, è importante non abbassare la guardia, per non ritrovarci poi a settembre con un nuovo rialzo dei casi.

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Alleata estate 

«Sicuramente la stagionalità ha un peso rilevante - spiega Saverio Parisi, ordinario di Malattie infettive dell’Università di Padova - Non dimentichiamo che l’anno scorso in questo periodo avevamo 35mila morti, un numero molto consistente al quale siamo arrivati dopo tre mesi di epidemia.

L’estate c’è stato un grande calo. Poi siamo passati da 40mila morti dello scorso ottobre a 120mila l’inverno dopo. In sostanza, i numeri di maggio-giugno del 2020 sono sovrapponibili per ora a quelli attuali». L’estate, insomma, può essere un buon alleato. “C’è un elemento che gioca a sfavore della diffusione del contagio, ossia l’aria aperta - sottolinea Francesco Menichetti, ordinario di malattie infettive a Pisa - Il virus si diffonde 17-18 volte di meno rispetto al chiuso».

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La differenza 

“Non possiamo fare paragoni con l’anno scorso perché sono due situazioni endemiche differenti - premette Massimo Ciccozzi, direttore di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-medico di Roma - Nel 2020 venivamo fuori da un lockdown molto stretto. Ma la differenza è che quest’anno abbiamo i vaccini. Non era prevedibile che andassimo così bene con la profilassi, invece il piano del commissario Figliuolo ha funzionato molto bene. Per cui siamo molto avvantaggiati». Ma bisogna puntare a immunizzare tutti. «Se continuiamo a somministrare 500-600mila vaccini al giorno - rimarca Menichetti - ci predisporremmo a un inizio dell’anno scolastico e un autunno più favorevole. Siamo alle soglie della zona bianca. La progressività delle misure sta pagando, favorita anche dalla campagna vaccinale». Ma serve attenzione. «Sennò potremmo ritrovarci come l’Inghilterra, che ha preferito incentivare la prima dose. Noi invece abbiamo puntato sul completamento della vaccinazione e dobbiamo continuare a farlo. Perché meno il virus circola e meno c’è il pericolo della diffusione delle varianti».

Il nodo anziani 

«Sicuramente il calo dei contagi e dei morti è dovuto anche al fatto che abbiamo imparato a proteggere anziani e fragili - precisa Parisi - Li abbiamo vaccinati. E li abbiamo protetti anche vaccinando gli operatori sanitari». «È indubitabile che l’effetto vaccini si sta manifestando soprattutto nella protezione dei più fragili - spiega Menichetti - ma non è ancora finita. Non dimentichiamo che il generale Figliuolo ha di nuovo segnalato che ci sono 2milioni di ultra 60enni che mancano all’appello. E questo è un elemento di rilievo che va risolto. Ben vengano gli open day, l’apertura vaccinale alle decadi più giovani, ma la chiave di volta per liberare gli ospedali e non occupare ancora di più i cimiteri è proteggere i più fragili, ossia gli anziani e i vulnerabili». «In questa fase, oltre a velocizzare la vaccinazione - mette in guardia Fabrizio Pregliasco, ricercatore di Igiene dell’Università degli Studi di Milano - dovremmo procedere a un tracciamento più consistente. Altrimenti si rischia come a settembre dello scorso anno una nuova impennata dei casi. Dobbiamo evitare un’onda di risalita, facendo attenzione alla diffusioni delle varianti. Non dimentichiamo che con quella indiana il rischio di essere ricoverati è 2,6 volte maggiore. Serve dunque una progressione nelle aperture, in modo che i casi finora non tracciati non ci portino velocemente a una risalita dei contagi in autunno». Intanto, suggerisce Ciccozzi, «procediamo in base ai dati disponibili. Sicuramente alla fine dell’estate respireremo ancora di più e meglio. Dobbiamo aver un cauto ottimismo, siamo sulla strada giusta, continuiamo così».  

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