La seconda ondata del virus blocca la cardiologia e tiene sotto scacco il cuore degli italiani. Nella scorsa primavera la paura del contagio ha dimezzato i ricoveri per infarto e triplicato la mortalità. Fino a qualche giorno fa i ricoveri ospedalieri di emergenza erano tornati a livelli di normalità ma la sospensione degli ambulatori cardiologici rischia di avere conseguenze ancora più drammatiche. Ne sono certi gli specialisti della Società italiana di cardiologia.
«Durante la prima ondata della pandemia, i ricoveri ospedalieri di emergenza per infarti e ictus si sono dimezzati per paura del contagio.
Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con più di 240.000 morti ogni anno. Una sanità bloccata dal virus rischia di annullare i progressi della terapia farmacologica e dell’interventistica e far ritornare la cardiologia ai risultati di 20 anni fa. «Se non si interviene rapidamente a potenziare i reparti di cardiologia, gli ambulatori e le rete dell’emergenza cardiologica, attraverso programmi di intervento condivisi con le autorità sanitarie locali, la prevenzione, la diagnosi e la terapia dell’infarto e delle altre patologie cardiovascolari diventeranno difficili, con conseguenze facilmente immaginabili – spiega Pasquale Perrone Filardi, ordinario di Cardiologia alla Federico II di Napoli – Bisogna inoltre richiamare l’attenzione dei pazienti a rischio sulla necessità di curare i fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, diabete. Per evitare che la polarizzazione dell’attenzione sull'epidemia distragga i pazienti con patologie croniche cardiovascolari dalle terapie di prevenzione».