Covid, Cts pronto a farsi da parte. Ciciliano: «L'emergenza sta finendo»

Il membro del Comitato di tecnici: «Lo stato eccezionale non può andare oltre gennaio»

Covid, Cts pronto a farsi da parte. Ciciliano: «L'emergenza sta finendo»
di Mauro Evangelisti
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Venerdì 22 Ottobre 2021, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 09:49

A quasi due anni dall’istituzione, il Comitato tecnico scientifico si avvia a terminare il suo compito. Insediato il 5 febbraio del 2020, il Cts nella prima parte della pandemia era l’unico punto di riferimento. Erano i giorni più bui e drammatici. «Oggi - dice Fabio Ciciliano, medico, uomo della Protezione civile e della Polizia di Stato, nel Cts dal primo giorno - dobbiamo accompagnare il Paese verso la normalità». Ciciliano non dice apertamente che il ruolo del Comitato tecnico scientifico sta avviandosi alla conclusione («Non spetta a me dirlo»), ma il senso è quello. Non è un caso che una delle ultime indicazioni degli scienziati sulle capienze massime delle discoteche o degli impianti sportivi, non abbia trovato applicazione nelle decisioni del governo.

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Quando vi riunirete nei prossimi giorni? Vi sono stati formulati altri quesiti?
«Non mi risultano convocazioni per i prossimi giorni».

Sulle capienze non vi hanno seguito.
«Giusto che sia così.

Il Cts esprime un parere tecnico, le valutazioni del governo sono complessive, la decisione finale è di ambito politico»

Sembra quasi che il vostro compito stia finendo. Fino a qualche mese fa il Paese aspettava le vostre decisioni come una sorta di sentenza. Oggi il governo si muove con maggiore autonomia.
«Personalmente ritengo che nelle prossime settimane, che saranno le ultime, anche tenendo conto del continuo miglioramento degli indici epidemiologici, il Comitato tecnico scientifico dovrebbe avere un ultimo importante compito: accompagnare verso la normalità la gestione dell’epidemia da Sars-CoV-2».

Eppure il Paese è ancora in una situazione di guardia alta nella gestione della pandemia. Ce lo dicono anche i dati che vediamo nel Regno Unito, dove i casi hanno superato quota 50 mila al giorno. E spaventa ciò che sta succedendo in alcune nazioni dell’Est dell’Unione europea, al palo con le vaccinazioni, e ora in drammatica difficoltà per numero di infezioni, ricoveri e decessi.
«In Italia abbiamo gestito l’emergenza con una struttura che, appunto, affrontava l’emergenza, ma che non può essere infinita. Bisogna riportare nell’alveo istituzionale originario delle istituzioni deputate alla gestione ordinaria questo tipo di decisioni. In altri termini: dobbiamo passare dalla gestione emergenziale alla gestione ordinaria e, secondo me, il Cts deve appunto svolgere un ruolo di accompagnamento in questa fase così importante».

Lei sembra dire: l’emergenza non può durare per sempre.
«Teniamo conto di un altro fatto che non può essere dimenticato. Il 31 dicembre scadrà lo stato di emergenza».

Non possono esserci delle proroghe?
«In base alle leggi vigenti al massimo di un altro mese, visto che a quel punto verrebbe raggiunta la durata massima di 24 mesi prevista dalla normativa».

Questo significa che presto anche voi del Cts vedrete la fine del vostro lavoro?
«Guardi, dal Comitato tecnico scientifico è stato svolto un ruolo molto importante, in una fase drammatica. Saranno altri a giudicare se lo abbiamo fatto bene o male, non spetta a me dare un giudizio sull’operato di un organo di cui faccio parte. Però nei momenti più bui è stato giusto affidarsi alle indicazioni di un comitato scientifico. Ora però lo scenario è mutato. Non dico che il nostro ruolo sia già finito, dico che ci avviciniamo al termine perché dobbiamo anche noi del Cts accompagnare le istituzioni verso una gestione ordinaria dell’epidemia».

È preoccupato dall’incremento dei nuovi casi positivi? Ieri sono stati il 40 per cento in più del giovedì precedente.
«Non vedo elementi di particolare preoccupazione. Venerdì scorso gli uffici pubblici sono tornati all’85 per cento di presenze, molte attività sono ricominciate. Si stanno eseguendo molti più tamponi, il numero più alto di sempre, come effetto dell’obbligo del Green pass. Così troviamo più positivi asintomatici che non avremmo intercettato. Ma il numero dei ricoveri non aumenta, anzi diminuisce. Intercettando tanti positivi facciamo una sorta di “contact tracing preventivo” che tiene sotto controllo l’epidemia. Sappiamo che nei mesi invernali i virus respiratori si diffondono più facilmente. Ma se continuiamo a vaccinare, dopo l’inverno potremo anche rinunciare a uno strumento emergenziale come il Green pass».
 

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