AstraZeneca, Di Lorenzo (Irbm): «A Londra e Ue gli stessi dati, Ema ha già tutto per decidere il via libera al vaccino»

AstraZeneca, Di Lorenzo (Irbm): «A Londra e Ue gli stessi dati, Ema ha già tutto per decidere il via libera al vaccino»
di Maria Pirro
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Sabato 2 Gennaio 2021, 08:31 - Ultimo aggiornamento: 14:18

«Ema, l'agenzia europea per i medicinali, ha tutto per decidere», assicura Piero Di Lorenzo, amministratore delegato e presidente dell'Irbm di Pomezia, la biotech italiana che con l'Università di Oxford ha messo a punto il vaccino AstraZeneca autorizzato in altri Paesi ma non nell'Unione.

Quando è stata completata la documentazione?
«Tutta è stata presentata nel corso della rolling review, quindi progressivamente».

Serve qualche integrazione?
«Non manca più nulla, ma l'Ema ha il diritto di chiedere ulteriori approfondimenti».

Li ha chiesti?
«Non bisogna produrre altro, per quanto a mia conoscenza».

La valutazione riguarda la somministrazione di due dosi piene?
«Vari dosaggi, perché vengono sottoposte tutte le sperimentazione fatte.

Poi, l'agenzia regolatoria in piena autonomia decide quali validare».

Dopo il libera nel Regno Unito, in Argentina e, ieri, in India, ce ne sono altri in arrivo?
«Si aspetta ad horas quello dell'Australia».

Per questi Paesi, in quanto tempo si può raggiungere l'immunità di gregge?
«Nessuno è in grado di fare previsioni, ci sono troppe variabili: dal numero degli abitanti a quanti decidono di sottoporsi alla campagna di prevenzione».

Secondo Walter Ricciardi, consigliere del ministro della salute, Roberto Speranza, un altro mese per valutare di dati di AstraZeneca è troppo: l'Ema deve accelerare.
«Non posso decidere io quanto tempo occorre, è totalmente discrezionale».

Perché il Regno Unito ha fatto prima?
«La documentazione è stata presentata contemporaneamente nel Regno Unito e all'Ema».

Resta aperta la questione del dosaggio con un'efficacia del 62 per cento, dando due dosi piene (0,5 ml, autorizzate dagli inglesi), e del 90 con dosi diverse (al momento provate solo su 2000 cavie).
«Somministrare dosi diverse non è stato un errore nella ricerca, ma una contingenza fortunata: gli scienziati hanno provato un dosaggio differente in base a un calcolo fatto diversamente, e dopo tre giorni hanno visto che quel conto non funzionava perché dava la metà. A quel punto avrebbero potuto integrare la vaccinazione, risolvendo il problema. E invece, è stata fatta la scelta scientifica di aprire un'altra linea di ricerca e, per questo, sono state immediatamente avvertite le agenzie regolatorie che hanno autorizzato».

Ci sono anche altri protocolli approvati?
«Nove quelli in corso, con circa 50mila cavie e diversi target di età, da 18 ai 55 anni e dai 55 in su. E, tra questi, c'è la sperimentazione del mezzo dosaggio che continua ad andare avanti. Anche per capire per quanto tempo la protezione sarà efficace, occorre continuare a studiare».

Intanto, gli inglesi hanno autorizzato le due dosi piene.
«Le autorizzazioni sono comunque provvisorie, nel senso che vengono concesse data l'urgenza e sottoposte a un controllo successivo. Dunque, lo studio in corso su tutti i dosaggi non si interrompe, continua, e sono previsti approfondimenti delle linee ricerca in altri Paesi».

Dove?
«Nuovi studi in Russia e Giappone per valutare le variabili».

Questi studi servono anche a valutare gli effetti collaterali: quali registrati?
«Al momento non ci sono controindicazioni degne di rilievo: le solite lievi, come il dolore al braccio e la febbre che può venire il giorno dopo».

Previsioni sulla durata della protezione?
«Nessuno oggi è in grado di dare una risposta, anche per questo la documentazione alle agenzie regolatorie continua a essere consegnata man mano che la sperimentazione va avanti, e durerà ancora anni».

Categorie escluse, ad esempio le donne incinte?
«Non ci sono al momento limitazioni o prescrizioni se non quelle normali, di prudenza, in campo medico: le agenzie hanno autorizzato la somministrazione dai 18».

E gli immunodepressi?
«Vaccinarli è delicato, deve autorizzare il medico».

Come funziona il richiamo?
«Va fatto tra 4 e 12 settimane, gli inglesi hanno scelto il tempo massimo probabilmente per coinvolgere un numero superiore persone di persone».

Come giudica l'obbligo della vaccinazione?
«Penso che sia più utile una campagna di sensibilizzazione: l'obbligo non è mai foriero di consenso, viene sempre visto con un po' di sospetto».

 

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