Cresce l'attenzione alla sostenibilità. Dall'energie alternative, all'uso di prodotti eco, il green tinge sempre di più le nostre quotidianità e, anche a tavola, si tende sempre più scegliere prodotti sostenibili. Quando si parla di dieta non c'è più infatti solo l'apporto di nutrienti e calorie e fare la differenza. I ricercatori della Facoltà della salute pubblica dell'Università di San Paolo del Brasile hanno infatti sviluppato il Planetary Health Diet Index, l'indice che valuta l'impronta ecologica delle diete. Più è alto l'indice, minore è l'emissione di gas serra generati nella produzione del cibo consumato e maggiore è la qualità nutrizionale della dieta.
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L'INDICE - Le analisi hanno anche rilevato che i punteggi più alti sono costituiti da diete a base di frutta, verdura, cereali integrali e fagioli più che da alimenti di origine animale e ultra lavorati, ricchi di grassi e di zuccheri.
L'IMPRONTA ECOLOGICA - La produzione di cibo rappresenta fino al 29% dell'impronta ecologica globale; provoca fino al 37% delle emissioni totali di gas serra, senza contare che l'agricoltura utilizza il 70% dei prelievi di acqua dolce disponibile per l'irrigazione. Eppure, nonostante a livello globale il 70% degli under 18 crede che i cambiamenti climatici siano un'emergenza da affrontare, in pochi conoscono il nesso tra produzione di cibo e clima. Secondo una recente indagine di Fondazione Barilla, in Italia solo 1 giovane su 3, tra chi conosce la sostenibilità, pensa che il benessere del Pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto.
Per avviare il processo di transizione ecologica è necessario che tutti gli attori di questo processo siano coinvolti, a partire da chi il cibo lo produce. Un ruolo centrale sarà quello degli agricoltori. In Italia la superficie terrestre agricola è quasi il 42% del totale (di questo, circa il 74% dei terreni agricoli è destinato all'agricoltura e il 26% è costituito da prati e pascoli) e rappresenta la terza fonte di emissioni di gas serra: nel 2019, il settore agricolo nazionale ha prodotto il 7,1% delle emissioni nazionali. Un primo segno del cambiamento è dato da una diminuzione del 17,3% delle emissioni nazionali nel periodo che va dal 1990 al 2019. Anche le istituzioni giocano un ruolo centrale nell'individuare soluzioni che possano garantire un approccio olistico in grado di avviare un cambiamento a tutti i livelli. In tal senso, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza punta ad avviare un cambio di paradigma dell'intero settore agroalimentare nazionale. Il piano stanzia oltre 6,8 miliardi di euro per innovare e rendere sostenibile l'intera filiera agroalimentare intervenendo: sulla logistica (800 milioni), sull'agrisolare (1,5 miliardi), sull'ammodernamento delle macchine agricole (500 milioni), sui Contratti di Filiera (1,2 miliardi), sullo sviluppo delle produzioni e delle tecn
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