Retropia da campagna elettorale

di Mario Ajello
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Lunedì 26 Febbraio 2018, 20:47 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 10:26
Campagna elettorale in retropia. Non bastavano il ritorno dell'antifascismo e quello dei saluti romani. Ecco anche l'antiberlusconismo d'antan, vero richiamo della foresta che risuona quando la sinistra è in difficoltà. Oppure ci si può consolare, in questo viaggio all'indietro, con il rosario e il Vangelo sventolati in piazza da Salvini, come fosse padre Gedda. E pensare che ai tempi di Bossi la Lega era quella che diceva: "I cattolici? Sono degli sporcaccioni!". Una passione di ritorno è diventata il '48. Non poteva mancare il revival delle elezioni più combattute della nostra storia. Berlusconi narra in teatro di quando lui, dodicenne, partecipò alla campagna del '48 attaccandomi manifesti della Dc. E fu preso  a sganassoni da cinque bruti comunisti, gli sanguinò il viso ma a Mamma Rosa disse una bugia: "Sono caduto dalla bicicletta". Lei ci credette e lo picchiò a sua volta: "Silvio, ti avevo detto di non prenderla!". E Renzi che rispolvera la buonanima di Montanelli? "Turatevi il naso e votate Pd".

Di Maio invece, nominando a ministro di un governo che non c'è il generale Sergio Costa, mette in scena la parodia di quella geniale parodia dei golpe militari degli anni '60 e '70 che fu "Vogliamo i colonnelli". Ma Ugo Tognazzi era Ugo Tognazzi, e Giggino è Giggino. Basta così? Macché. Veltroni chiama Pci il Pd. E i dem, con il governatore pugliese Emiliano, riscoprono Giorgio Almirante la cui memoria si era persa nella storia. E dalla storia vengono tirate fuori formule che parevano sepolte nei non formidabili anni '70: il governo di unità nazionale, il governo della non sfiducia, le convergenze parallele (anche con i 5 stelle?). Ad aver capito tutto dell'Italia, come sempre, è stato Renzo Arbore. Intitolando il suo mitico programma, guarda  caso ritrasmesso in tivvù, "Indietro tutta". 
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