Aurelio/Casalotti, da San Pietro ai campi sognando la funivia Oggi in edicola sul Messaggero

Aurelio/Casalotti, da San Pietro ai campi sognando la funivia Oggi in edicola sul Messaggero
di Lorenzo De Cicco
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Domenica 16 Aprile 2017, 10:19 - Ultimo aggiornamento: 11:14
Basta schiacciare l'acceleratore sull'Aurelia (ma occhio a semafori e autovelox) e dalle terrazze con vista San Pietro, in tre quarti d'ora di macchina, ecco sbucare fattorie e allevamenti di mucche, poi ancora l'Arrone, fiumiciattolo che da Anguillara si tuffa nel Tirreno poco dopo Fregene.

È sempre Roma, certo, ma vuoi mettere il via vai di pellegrini nella città papalina con i butteri che alle cinque di mattina ancora scortano le vacche al pascolo su colline che sanno già (quasi) di Maremma? «È Roma, ma non è Roma», rispondono gli abitanti di Bottaccia, ultimo borgo del XIII municipio (133mila abitanti, come Ferrara) prima che tutto diventi provincia. Borgo che Google, nelle sue mappe, si ostina a chiamare Bottaccio, provare per credere, «anche se noi abbiamo spedito decine di mail di protesta, per chiedere una correzione. Ma niente...». Se ci fosse un sindaco (ma a Bottaccia, o Bottaccio, vivono 133 abitanti in tutto, un po' pochi per fare comune a sé...), probabilmente sarebbe Luigi Proietti, a capo della «fattoria di Nonno Luigi» (che è sempre lui).

A 86 anni compiuti ancora passa la giornata a vangare nelle vigne e negli orti di verdura. «È venuto qui nel 54», racconta la figlia Angela insieme al marito Carlo Narducci, due vite part-time: insegnanti di giorno, agricoltori il pomeriggio e la sera. In un grumo di casali, raccontano, «viviamo in 16, tutti della stessa famiglia».

Com'è vivere in una Roma agricola che, appunto, «non sembra Roma»? «Pregi e difetti», naturalmente. Tra i primi, c'è sicuramente la vista mozzafiato sulle colline della loro camera da letto, tutta a vetri. Tra i difetti, «le mini-discariche lungo le strade», «i servizi praticamente assenti», e poi la prostituzione nelle viuzze secondarie, che certi automobilisti conoscono bene. «A volte - racconta Angela - alle nostre figlie che aspettano l'autobus chiedono: quanto vuoi?».

Poco più in là, a Cecanibbio, c'è il Cimitero degli elefanti, enorme museo a cielo aperto con le zanne giganti di pachidermi vissuti chissà quante migliaia di anni fa. Poi, tornando sull'Aurelia e puntando verso il Cupolone, le fattorie si diradano, e riecco le prime case, assaggi urbani in attesa del Gra.

LA «GONDOLINA»
Ecco Boccea, quindi, Monte dell'Ara, poi costeggiando un'altra marana, che gli abitanti chiamano significativamente «Rio del Pisciarello», ci si imbatte in Casalotti. Il quartiere simbolo dell'utopia grillina, che aspetta la funivia con le cabine fluttuanti nell'aria verso la metropolitana di Battistini. La «gondolina», come la chiamano tutti da queste parti, progetto vecchio di anni rispolverato in campagna elettorale da Virginia Raggi che in questa zona ha vinto col 67,6 percento (al timone del Municipio infatti c'è la grillina Giuseppina Castagnetta, curriculum molto casaleggiano da esperta di «web-marketing»).

Progetto che divide i residenti, tra entusiastici sognatori e sfiduciati ironici, quelli che «lo ski pass non me lo faccio».
Di sicuro, dice Mirko Montani, 33 anni, gelataio - ha ereditato l'attività dal nonno Benedetto, che nella Casalotti degli anni 50 cominciò con un carretto - il problema, alla Benigni, «è il traffico. Nelle ore di punta è tutto bloccato, perché c'è una sola via di fuga, via di Boccea». L'uscita dal Raccordo, quella cantata da Venditti-Guzzanti in cui «giù al controviale c'è il distributore che te frega il resto...». Insomma, dice Mirko, «qualcosa si devono inventare: la funivia? Almeno una strada nuova». Anche se l'isolamento, dice, è come se avesse fermato il tempo a Casalotti: «È rimasto un paese, c'è un senso di comunità, ci conosciamo tutti».

GLI ANNUNCI
E infatti, come in un paese, trovi gli annunci mortuari affissi sui muri; in piazza Ormea, accanto alle comitive di ragazzini a fare niente sul muretto, i dopolavoristi al Roxy Bar (omaggio a Vasco), qualche fedele che si incammina per la parrocchia di Santa Rita da Cascia, e poi la casetta Acea nuova di zecca, dove gli anziani si riforniscono di acqua e gli adolescenti ricaricano gli smartphone.

Basta alzare lo sguardo dall'asfalto, quello sì, molto «romano», pieno di buche, come sa bene Valter Borzi, 53 anni, meccanico da 22, che nel suo negozio a Casal Selce ripara in media 1.600 gomme l'anno. «Tutta colpa delle strade massacrate». Ma in fondo, proseguendo verso il centro della Città, oltrepassando l'Ergife dei concorsi e dei sogni di chi spera in un lavoro o nel posto in un'università a numero chiuso (ma anche dei congressi dei partiti), si ritrova l'anima del «paese» anche in zona San Pietro. Via delle Fornaci, via Nicolò III, via Paolo II. Poche centinaia di metri dal chiasso turistico di Borgo Pio, eppure così diverso. Meno cianfrusaglie da souvenir, più botteghe. «È ancora Roma», dice qualcuno.

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(7 - continua)
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