Se non c’è la voluttà l’amore è un’ebrezza senza estasi

di Roberto Gervaso
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Venerdì 3 Agosto 2018, 11:36
Facciamo un passo indietro e torniamo a Ferney, prima che la Du Chatelet cali nella tomba stroncata dai postumi del parto.
Per meglio dissimulare l’incestuosa tresca con la nipote Marie-Louise e non insospettire la sospettosissima e gelosissima marchesa, il filosofo riuscì a trovare alla figlia della sorella un marito: il notaio Nicolas-Charles Denis che, nel 1738, condusse la giovane all’altare. 
Un matrimonio concretizzatosi grazie soprattutto alla cospicua dote che lo zio le aveva costituito con questo auspicio: «Desidero che sia felice a modo suo, non a modo mio».
Mentiva, o fingeva di mentire, a se stesso. Ma, in quel momento, doveva fare buon viso a cattiva sorte, augurandosi che presto questa mutasse, volgendosi quindi a suo vantaggio. Fu accontentato sei anni dopo: il notaio si congedò dal mondo, rendendo migliore quello del filosofo e della nipote Marie-Louise.
La Denis cominciò subito a spillargli un mucchio di quattrini e anche di doni e, ciò che più conta, fu la destinataria di lettere d’amore che ne consegneranno la memoria ai posteri. Lettere intime e furtive fino al 1749, quando la marchesa morì. Poi poterono diventare palesi ed esplicite.
Voltaire le parlava del suo amore, dei suoi infiniti acciacchi, non di rado intingendo la penna nell’inchiostro di una lingua che non era la sua, ma che conosceva abbastanza bene: l’italiano. Messaggi enfatici e appassionati, colmi di speranze, promesse, attese, liriche lubricità.
Il 25 marzo le scrisse: «Vi baccio mille volte, cara anima mia, sperando di cenare con voi mercoledì». Il 18 agosto di quello stesso anno: «Quale maledetto demonio ci fa soffrire entrambi e, per di più, lontani l’uno dall’altra. Per lo meno bisognerebbe soffrire insieme». E, ancora, nel dicembre 1745: «La corte, il mondo, i grandi mi fanno noia. Non sono felice che quando poterò vivere con voi. La vostra società e una migliore sanità mi farebbero felice. Vi baccio mille volte. La mia anima braccia la vostra, il mio catzo, il mio core sono innamorati di voi. Baccio il vostro gentil culo e tutta la vostra vezzosa persona». 
E il 27 successivo: «Mi avete scritto una lettera trasportatrice, che io ho bacciata. Non mi meraviglio del vostro bel scrivere in italiano. È convenevole e ben giusto che siate pratica della lingua d’amore. Per dio non posso credervi quando mi dite che non havete un amante. Come potete dunque fare? Nel quale ozio sono sepolte tante grazie? Voi non far l’amore? Ah, mia carissima, voi offendete il vostro dio. Voi dite che la mia lettera ha recato la voluttà insieme ai vostri sensi; i miei corrispondono a vostri. Non ho potuto leggere queste vostre vezzose espressioni, senza sentir mi infiammato nel fundo del cor. 
Ho pagato a vostra carta il tributo pagato a tutta la vostra persona. Il piacere dei sensi trapassa e fugge in un batter d’occhio, ma l’amicizia fra noi, la confidenza reciproca, i piaceri nel cuore, la voluttà dell’anima non si distruggono, non feriscono così. Vi amerò insino alla morte»
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