Termini, i disagi per i passeggeri potevano essere limitati?

di Paolo Graldi
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Martedì 7 Giugno 2022, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 01:10

Ammettiamolo, per quanto doloroso sia: siamo strutturalmente fragili, un niente ci mette in ginocchio, ci assale la paralisi del trasporto su ferro. E allora dilagano i disagi che investono il nostro muoverci quotidiano come uno tsunami improvviso, imprevisto, disastroso. Basta un niente. La motrice di un treno dell’Alta Velocità che deraglia e aggroviglia tre metri di binario, alle porte della Capitale, è sufficiente per abbattersi sull’intera rete ferroviaria. Così, a macchia d’olio dilagano i ritardi e si trasformano in pura sofferenza ambientale: ore e ore immerse nell’afa e nell’incertezza, i progetti, gli impegni, i doveri lavorativi, ma anche i viaggi di piacere, che saltano, anzi deflagrano in una sequenza infinita di dolorose fatiche.

E ci assale un dubbio: davvero tutti i tempi imposti al disservizio sono inevitabili? Sul serio gli adempimenti di legge della procura non potevano risultare più rapidi? E’ impensabile chiedere di applicare in questi casi, anche in questi casi, un senso forte di “urgenza” imposto dalla “emergenza? Si sta facendo il possibile, rispondono i maggiorenti e tuttavia resta forte il dubbio che i cartelloni punteggiati dalle cancellazioni potrebbero tornare alla normalità, almeno sul piano della informazione dei passeggeri.

E’ come quando sul Grande Raccordo Anulare due macchine si tamponano: cinque ore per rimuoverle e l’intera città, sempre a macchia d’olio, inghiottita dalla paralisi. Siamo in ginocchio. No, siamo KO.


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