Le proteste nelle scuole che producono quarantene

Le proteste nelle scuole che producono quarantene
di Paolo Graldi
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Martedì 30 Novembre 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 1 Dicembre, 01:49

Nelle scuole romane sale la febbre dell’occupazione: in poco tempo ha assunto le sembianze di una pandemia. Sono quasi 20 gli istituti che, a varie riprese, sono stati “paralizzati” dalla protesta: si lamentano antichi ritardi nella programmazione degli studi, l’asfissia di ambienti inadeguati, promesse a pioggia non mantenute, disagi enfatizzati dal Covid, dal tanto tempo trascorso in Dad. Il mondo dei ragazzi sembra risvegliarsi con la più classica (e obsoleta) delle proteste: la presa in ostaggio delle aule. Una dinamica d’altri tempi che accarezza nostalgie romantiche e ben poco d’altro.

Va comunque raccolto il segnale di una certa rabbia. Il rito della occupazione porterà danni agli edifici scolastici, è fatale, e ammaccature agli allievi. Tuttavia, sarebbe un errore far finta di niente.

Meglio l’ascolto, ma guai se la protesta debordasse dalle regole che per il mondo della scuola, come per ogni altro ambito, sono indefettibili. La pandemia, il suo contrasto severo è sopra tutto e tutti. La protesta è intrisa di malessere autentico. In qualche caso è intervenuta la Digos.

Al liceo Morgagni, il virus, com’era prevedibile, ha colpito una studentessa e allora è scattato l’allarme generale. Insomma, si occupano gli istituti, ci si ammucchia bivaccando tra banchi e corridoi ma ci si espone al rischio concreto di finire tutti in quarantena. Anche se in tempo di pandemia manifestare è lecito diventa imperativo categorico per tutti comportarsi mantenendo attive e permanenti le regole della salute pubblica. Tanto più nel traballante pianeta dell’istruzione.

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