Ma a pagare non possono essere sempre le famiglie

Ma a pagare non possono essere sempre le famiglie
di Paolo Graldi
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Venerdì 10 Settembre 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 01:48

Riparte l’anno scolastico, quello della ripresa dopo i patimenti e le privazioni da Covid-19 dell’anno scorso. Tutti pronti? Via! Macché pronti, assenti bisogna dire. Il primato del “non esserci” riguarda gli insegnanti supplenti delle scuole comunali, soprattutto le elementari ma anche le materne. In blocco e per le più diverse motivazioni questo personale ha scelto la via di sfuggire all’appello là dove richiesto.

Risultato: le aule dei più piccoli verranno chiuse dopo le normali lezioni e le famiglie dovranno sobbarcarsi il disagio di gestire i bambini, andando a riprenderli alcune ore prima. Il vuoto che si crea fa saltare il prezioso concetto di “tempo pieno”, un traguardo di organizzazione e di civiltà degli studi che aiuta i bambini accuditi, seguiti e assistiti per un periodo più lungo della sola durata delle lezioni.

I danni che ne derivano sono rappresentati da una lunga catena di disguidi per i genitori o i parenti: il loro rapporto con il lavoro che del tempo pieno si avvantaggia in questo modo si azzera, anzi si riempie di ulteriori difficoltà. La disdetta in massa dei supplenti alla chiamata di inizio dell’anno scolastico è il portato di annose questioni e vertenze, sempre rinviate e mai risolte: questioni che attengono alle attribuzioni delle sedi e alle modalità di assegnazione. Tutti argomenti validi, degni d’essere discussi ma con un’eccezione: mollare i bambini di punto in bianco no. Proprio no.

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