La rigenerazione delle gomme e la paura di finire dentro una buca

di Paolo Graldi
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Sabato 17 Marzo 2018, 09:39
Tecnicamente si chiama rigenerazione. Consiste nel riparare i cerchioni delle moto e delle automobili deformati dall'impatto violento con le buche stradali: gli pneumatici non aderiscono più all'anello di metallo e lasciano uscire l'aria. E la ruota va a terra, si affloscia.

L'esperienza crudele sta interessando orizzontalmente migliaia di romani: dopo la neve e le piogge le buche si sono moltiplicate diventando trappole micidiali, inevitabili per il gran numero. Un disastro a macchia di leopardo sull'asfalto malato che ha prodotto, proprio per effetto dei danni che crea, il boom delle riparazioni. Un gommista, chiamato in nostro soccorso, ha confessato che siamo di fronte ad una autentica deflagrazione del fenomeno: «Gli affari vanno benissimo, stentiamo a tenere il passo della richiesta, offriamo ruote di cortesia alla clientela perché i meccanici richiedono tre giorni per la rigenerazione». In parallelo fiorisce allo stesso modo anche la piccola industria degli ammortizzatori, anch'essi fracassati dagli impatti. Se il danno è grave si può chiedere un risarcimento al Comune ma la pratica per ottenerlo scoraggia i più audaci.

C'è qualcosa che va oltre: è la psicosi verso l'impatto rovinoso che ci prende attraversando una città ridotta a pista di motocross. È la paura di finire il viaggio all'improvviso solo perché una strada di città, per colpevole incuria, per incapacità verso la manutenzione, si trasforma in un incubo permanente. Il cerchione si ammacca, la mente dà di matto.
 
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