Elena e Noemi, due vite spezzate: basta parole ora servono azioni

di Paolo Graldi
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Venerdì 22 Giugno 2018, 08:23 - Ultimo aggiornamento: 12:01
Ci sono vicende, avvenimenti e luoghi nei quali l'intera città si riconosce, ritrova sé stessa come in un grande abbraccio di dolore e di consolazione. Succede quando la comunità diventa un'ala palpitante intorno a una bara bianca che racchiude quel che resta di una sua figlia che se ne è andata per sempre. Per due volte, in pochi giorni, a Roma, si sono svolti i funerali di due ragazze ventenni, Elena Aubry e Noemi Carrozza, travolte e uccise sull'asfalto maledetto e crudele. Asfalto assassino. Elena studiava da avvocato, Noemi volteggiava da pluricampionessa nell'acqua, nazionale di nuoto sincronizzato. Quando lo spartito della vita riserva tragedie tanto grandi, avvolte da responsabilità gravissime che andranno individuate e punite, è indispensabile che ci si fermi a riflettere sulla portata insopportabile di simili eventi. Irreparabili, fuori da ogni comprensione perché se è vero che saranno i giudici attraverso le indagini e le perizie a stabilire le colpe e le sanzioni è altrettanto vero che la città deve risvegliarsi da un torpore rassegnato e condiscendente.

Elena e Noemi devono non solo restare nella memoria di chi le amava e nel lutto della comunità: devono diventare il crudo punto di partenza di una azione decisa e severa. Le strade di Roma, la disseminazione scandalosa delle buche, la rete micidiale di radici che gonfiano l'asfalto non possono rappresentare un male incurabile. L'emergenza è finita, basta così. Tra la folla ai funerali abbiamo cercato il volto del sindaco, chiamato dal dovere a quella incombenza. Ma noi siamo o superficiali o distratti: non lo abbiamo trovato.
 
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