La morte di Elena e l'impudenza dei vigili

di Paolo Graldi
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Venerdì 8 Giugno 2018, 07:48 - Ultimo aggiornamento: 07:49
Quando si dice che l'impudenza sfida l'evidenza dei fatti. Secondo i vigili urbani non c'è nesso tra le condizioni dell'asfalto e la terrificante caduta in moto di Elena Aubry, una magnifica ragazza di ventisei anni, che sull'Ostiense ha perso la vita. Eppure i rilievi, degli stessi agenti della Municipale, sembravano chiari: cerchi di gesso per segnare la trappola, la radice di un pino che ha fatto lievitare l'asfalto con tutt'intorno buche, piccole voragini in espansione permanente.

Chi conosce quei 24 km che separano Roma da Ostia rimane allibito di fronte a un rapporto talmente ardito da rasentare l'impudenza, tanto più che così si scagionerebbe da ogni responsabilità il Comune che di quella striscia d'asfalto è amministratore e responsabile. Ma il perché di quell'incidente pareva a tutti fuori discussione: Elena era stata disarcionata proprio perché la strada è deformata.

Decine di casi analoghi, spesso mortali, punteggiano il rettifilo tra la Capitale e il mare e a niente sono valse, negli anni, le battaglie dei comitati che chiedono con forza la messa a norma dell'ex Statale 8 bis, il risanamento di una arteria che l'incuria ha trasformato in un percorso di guerra, un inferno d'asfalto. Sta ai giudici, con una nuova perizia, sanare questa ferita che suona come un insulto alla ragione. Se questa deve essere la risposta al disastro indecoroso delle buche allora saranno altri giudici a difenderci dall'assalto delle verità manipolate.
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