Quei militari in “guerra” perché si torni alla normalità

di Paolo Graldi
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Mercoledì 10 Febbraio 2021, 00:00

Settanta medici dell’Esercito e trenta dalla Polizia di Stato: due righe per tracciare la novità, una piccola svolta, nella campagna di vaccinazione contro il Covid. Così, e in fretta, questa piccola ma agguerrita task force in camice si affiancherà all’équipe per la distribuzione dell’antidoto. Con fatica, pagando ritardi e tentennamenti, affrontando schermaglie politiche e di posizione, la grande offensiva nazionale anti-virus sta mettendo a registro la macchina organizzativa, nella speranza che anche l’arrivo delle dosi dalle industrie, finora assai contrastato, si allinei alle disponibilità per la somministrazione.

I militari in campo come centrale di raccolta sono stati chiamati fin da subito e adesso anche i loro medici rendono disponibili gli ambulatori delle caserme come ulteriore contributo a una complessa logistica.

La quale deve rispondere ad un imperativo: fare tutto al più presto. E bene. In molti altri drammatici eventi l’apporto degli uomini con le stellette si è rivelato prezioso, insostituibile, ricco di competenze e di disponibilità al sacrificio. In Israele, dove la vaccinazione di massa va a gonfie vele e gli indicatori della pandemia calano a picco, l’impiego di reparti in divisa ha impresso velocità e precisione alla campagna. Da noi l’impiego dell’Esercito fino ad ora era limitato al trasporto delle fiale; adesso l’urgenza e la necessità di un’azione massiccia e coordinata suggerisce di massimizzare le risorse. Camici con stellette chiamati a combattere la pandemia: per vincere la “guerra”, in tempo di pace.

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