Quei cinghiali e la pazienza (ormai finita) dei romani

Quei cinghiali e la pazienza (ormai finita) dei romani
di Paolo Graldi
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Mercoledì 7 Settembre 2022, 00:52 - Ultimo aggiornamento: 01:07

Invasione dei cinghiali. Mette a disagio la sola idea di doverne parlare, scrivere, discuterne. E fa anche un po’ rabbia il pensiero che nel 2022, nella capitale d’Italia, sesta potenza economica mondiale, culla della civiltà, meta di milioni di turisti che ne riconoscono l’eccellenza assoluta nel mondo, insomma fa anche rabbia la constatazione che si debba discettare di branchi di ungulati che scorrazzano in lungo e in largo per le strade, fin nel centro storico. Nello stupore indignato dei più, ecco che da sporadico il fenomeno si è affermato negli anni in tutta la sua deflagrante pericolosità. Adesso siamo alla vera invasione.

Si moltiplicano i racconti, i filmati, le testimonianze di cittadini che se la sono vista brutta dovendo affrontare, all’improvviso, dieci, quindici di questi animali al pascolo presso i cassonetti ricolmi di sacchetti di immondizia.

Li hanno visti fin davanti a San Pietro, di fronte alla Farnesina, sui lungoteveri, ovunque. Quasi non ci si crede: non si crede che sia impossibile fronteggiare questo fenomeno. Le autorità, sia detto senza l’alito della minaccia, rischiano grosso perché la pazienza dei cittadini è una cambiale scaduta. Ci sono state anche vittime a causa di incidenti stradali causati da quegli animali. L’idea che ai piani alti del Campidoglio l’invasione sia accettabile, quasi normale mette in discussione il rapporto cittadini-autorità. C’è materia su cui riflettere: la sagra del Cinghiale può servire alla politica piatti avvelenati.

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