Se l'asfalto della Capitale ricorda troppo l'Appia antica

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Martedì 28 Febbraio 2017, 07:40
Un uomo in bicicletta, ieri mattina in via Gioberti, zona Termini, viene prima inghiottito da una buca che è una voragine e poi catapultato sull'asfalto. Ospedale assicurato. Ordinaria amministrazione su tutte le strade della Capitale: lo scandalo delle buche, impone di riscrivere la velocità (a passo d'uomo) sulle vie a veloce scorrimento e smista a guardia permanente delle trappole disseminate ovunque metà della forza in campo dei vigili urbani. Dal Campidoglio arrivano ciarliere assicurazioni: calma, le gare sono pronte, riasfalteremo la città. Qualcuno azzarda: ma con quali soldi se le casse sono vuote?

Ci pensa una foto di una bicicletta divorata senza preavviso, per intanto, a ricordarci quel che si vive giorno dopo giorno: un disagio orizzontale e permanente che fa traballare pericolosamente chiunque si avventuri su queste strade. Poca differenza, ormai, tra i lastroni dell'Appia Antica di due millenni fa e l'attraversamento di piazza Venezia oggi, metafora di una condizione del degrado che piaga la Capitale, il suo decoro, la sua dimensione planetaria, ben oltre e ben al di là del minimo consentito.

Il manto stradale butterato, deturpato, fradicio, in disfacimento si configura come il reato di incuria grave e permanente. Roba da procura della Repubblica, perché ne va della incolumità stessa dei cittadini. Quando va bene saranno i cerchioni, gli ammortizzatori, le sospensioni a dover passare dalle officine per le riparazioni. Altrimenti, alla peggio, c'è sempre un Pronto Soccorso aperto per le ricuciture. Chi va per le strade della Capitale, oggi, e non da oggi, sfida la buona sorte e lancia strali irriferibili. Un posto chiamato tombino, etimologicamente parlando.

paolo@graldi.it
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