La sentenza sulle buche che certifica l'immobilismo

La sentenza sulle buche che certifica l'immobilismo
di Paolo Graldi
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Venerdì 1 Luglio 2022, 07:03

Prima ancora di aprire il discorso bisognerebbe chiedere scusa al lettore: il tema delle buche nelle strade di Roma è un supplizio infinito dove il degrado si mescola all'incuria e l'incuria ad una sconsolante provvisorietà amministrativa. Di buche e voragini il romano che si aggira per la città, comprese le sue infinite periferie, soffre da sempre, inguaribilmente. Ne conosce e riconosce ampiezza e profondità, sa come aggirarle, scavalcarle con abili mosse da gimkana anche se poi non è raro il caso (anche tragico) di un botto sull'asfalto.


Ora cambia tutto? No, calma, non montiamoci la testa. Però, chissà, qualcosa sul fronte delle strade martoriate cambierà proprio da questo mese di luglio.

Una sentenza del Tar del Lazio, sollecitata dal Codacons e dall'ex ministro Antonio Guidi, obbliga gli enti preposti, Comune ed Anas, a riaprire tutti i cantieri. Si lavorerà, promettono, anche di notte, utilizzando fondi del Giubileo. L'orizzonte da raggiungere sgomenta se è vero che a Roma lottiamo con una buca ogni 15 metri, profonda in media 35 centimetri. Il via agli appalti, dormienti per insipienza e mancanza di fondi, ci consegna la speranza che davvero qualcosa cambierà in questa storica, insopportabile emergenza. Che poi siano stati i giudici, ancora una volta, a frustare gli amministratori ci consegna l'idea che possa accadere lo stesso per i rifiuti ammassati e i cinghiali che banchettano nel centro storico. Qualche volta perfino le sentenze fanno miracoli.


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