La procura della Corte dei conti del Lazio spedisce a giudizio quattro dirigenti regionali per aver «scientemente acquistato un bene occupato al fine di consentire la prosecuzione dell'occupazione. In tal modo stabilizzando l'acquisizione violenta di un bene altrui». La vicenda è quella dell'ex rimessa Atac in zona Tuscolana, a via Lucio Sestio. Locali che dal 2008 sono stati occupati abusivamente da una serie di collettivi che hanno realizzato al loro interno la Casa delle Donne Lucha y Siesta. Il danno causato alla Regione ammonta a oltre 1,7 milioni di euro.
LA RICOSTRUZIONE
Quando la Giunta Raggi vara il concordato preventivo di Atac portandolo in tribunale per l'approvazione, fra gli immobili da vendere per far cassa e ripianare i debiti dell'azienda dei trasporti c'è anche lo stabile di via Lucio Sestio, con valore stimato di 2 milioni e 600 mila euro.
L'ACCUSA
La procura della Corte dei conti apre un procedimento per danno erariale nei confronti di Antonio Tardiola e di altri tre dirigenti apicali della Regione: Marco Marafini, direttore del Bilancio; Wanda D'Ercole, all'epoca dei fatti direttore generale dell'area Pari opportunità, e Arcangela Galluzzo, dirigente dell'area pari opportunità. Secondo i pm contabili, che hanno ascoltato i 4 dirigenti fra gennaio e marzo di quest'anno, «il bene acquistato (dalla Regione) era già occupato senza nessun titolo legale dal collettivo (Lucha y Siesta), di modo che l'acquisto era esplicitamente finalizzato a consentire la prosecuzione dell'occupazione illegittima che altrimenti sarebbe dovuta cessare». Di fatto, quindi, «l'evidentissima illiceità delle condotte» dei quattro dirigenti regionali «si mostra chiaramente come una iniziativa volta a favorire la prassi delle occupazioni abusive». Né, secondo i magistrati, gli imputati possono appellarsi all'idea di aver svolto «una attività meramente esecutiva delle decisioni politiche della Regione», perché «la contrarietà a legge della scelta» politica assunta avrebbe imposto ai dirigenti di «astenersi o comunque rifiutarsi di darvi seguito».Di fatto, quindi, viene creato «un danno alle casse pubbliche», poiché con questa acquisizione sono state «distratte ingenti risorse pubbliche dai fini istituzionali». Inoltre, i quattro «hanno proceduto all'acquisto di un bene senza nemmeno porsi il problema circa la sussistenza di eventuali disponibilità nel patrimonio regionale», mentre il rispetto delle «procedure rassicura che l'interesse pubblico non sia strumentalizzato al fine di premiare specifici gruppi di interesse, bene individuate posizioni ideologiche o più semplicemente privati personalmente vicini ai pubblici decisori».
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