Roma, segregava i figli in casa. Lo zio: «Erano suoi prigionieri, vivevano nella sporcizia e con le tapparelle abbassate»

La denuncia ai carabinieri risale al 2020

Segregava i figli in casa
di Erika Chilelli
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Sabato 22 Ottobre 2022, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 10:30

Nella casa, in zona Capannelle, le tapparelle erano sempre abbassate e le finestre chiuse, ma le urla che provenivano dall'appartamento, dove viveva una coppia con due figli, i vicini le sentivano quasi ogni giorno mentre i bambini li vedevano uscire solo per andare a scuola. Si preoccupavano, ma non potevano sapere che in casa la situazione era persino peggio: c'era la muffa alle pareti, la doccia non funzionava e il pavimento era pieno di scatole e buste che non si potevano spostare. A dettare le regole era solo lui, il capofamiglia, che costringeva i figli a una vita di privazioni. Dormivano nella stanza dei genitori, non potevano giocare con gli amici, fare sport o andare a una festa, ma solamente vivere all'ombra del padre-padrone. Il 53 enne J. S. - secondo quanto ha ricostruito ieri sua moglie davanti alla prima sezione collegiale del Tribunale di Roma - sarebbe arrivato al punto di prendere i figli a cinghiate. L'uomo è imputato per maltrattamenti in famiglia.

 

LA RICHIESTA DI AIUTO

La denuncia ai carabinieri risale al 2020, dopo che i bambini hanno chiesto aiuto agli zii: «Uno dei miei nipoti ha detto a mia sorella: ti prego, portami via da qui, voglio una vita normale - ha riferito lo zio dei due minori, nella testimonianza resa ieri - Papà non mi vuole bene, voglio diventare grande e pagare il riscatto per mio fratello. Voglio ammazzare mio padre. Lui li teneva prigionieri e la moglie (sua moglie) era sua succube, prigioniera dell'amore che provava per lui». Che qualcosa non andava, in famiglia, lo sapevano tutti, ma le prove dei maltrattamenti subiti dai bambini non erano visibili e la madre non ne parlava neanche con i suoi fratelli. Nel 2020, però, le cose sono cambiate. Ad accorgersi della strana situazione della coppia, sposata da 12 anni, sono anche i vicini di casa che iniziano a parlarne: «I figli di un mio amico andavano a scuola con i due fratellini e una sera mi ha detto che il più piccolo non andava mai a nessuna gita scolastica e che non giocava con gli amici».
La lista di divieti era lunga e si allargava anche l'ambiente scolastico in cui non potevano parlare con nessuno neanche a ricreazione, ma stare solo vicino agli insegnanti e con la testa china sui libri.

I diktat del padre prevedevano che diventassero forti, come pugili, ma per farlo non potevano stare con gli altri. Così, i due minori hanno iniziato a giocare tra di loro, imitando la lotta, i combattimenti di box: «Sono stati educati a risolvere i problemi picchiandosi», ha spiegato lo zio in aula.

LE PAURE DELLA MADRE

«Mio marito riprendeva i bambini con toni alti e parole offensive: encefalitico, non capisci un c...o. Voleva che fossero al sicuro», ha riferito ai giudici la mamma dei minori. «Gli dicevo che dovevano socializzare e fare sport, ma lui mi minacciava di chiamare i carabinieri». In più occasioni la violenza verbale dell'uomo è sfociata in aggressioni fisiche, l'ultima il 6 agosto del 2020: «Stavo lavando i piatti e ho sentito delle urla dalla stanza da letto e quando sono andata a vedere ho trovato mio marito che stava con il braccio sul collo di mio figlio piccolo. Il più grande ha cercato di difendere il fratello, ma il padre gli ha detto: Rimani lì se non vuoi finire in ospedale. Io non riuscivo ad agire, ero bloccata in quella situazione». Il 53enne si è difeso così, ieri, rendendo dichiarazioni spontanee: «Ero un padre e mi hanno sparato in faccia tutti, esigo che venga tolto il mio cognome a quei ragazzi, mi hanno strappato il cuore».

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