Incendio a Colli Aniene, l'ottantenne Antonio D'Amato morto intrappolato sulle scale. «La porta del lucernaio era chiusa»

Il corpo trovato fra il sesto e il settimo piano. Complicate le operazioni di identificazione: era residente altrove

Incendio a Colli Aniene, l'ottantenne Antonio D'Amato morto intrappolato sulle scale. «La porta del lucernaio era chiusa»
di Giampiero Valenza
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Venerdì 2 Giugno 2023, 22:56 - Ultimo aggiornamento: 23:03

È morto mentre cercava di uscire da quell’inferno di fuoco del palazzo di Colli Aniene, a Roma. Di lui per ore si è saputo poco e niente perché è scappato come meglio poteva, senza documenti. Quindi, formalmente per le forze dell’ordine è stato un corpo senza identità. E lo è stato per molte ore. Lui, Antonio D’Amato, aveva 80 anni. Formalmente lì non aveva la residenza. Ha esalato il suo ultimo respiro sulla rampa delle scale del palazzo, asfissiato dal forte fumo che proveniva dalle fiamme. Stava fuggendo dagli appartamenti, da quelle esplosioni e dal rogo che saliva sempre di più, che invadeva le stanze. E infatti i vigili del fuoco lo hanno trovato per le scale senza vita, tra il sesto e il settimo piano. Stava provando a scappare ma ha trovato la porta del lucernario chiusa. Così quella fuga, che lui sperava fosse verso la libertà, alla fine si è trasformata nella sua prigione. Tra i residenti durante tutto il pomeriggio sono girate solo voci attorno alla sua identità. Ognuno, infatti, ha cercato di salvare la sua famiglia e nessuno di loro ricordava esattamente chi, in quel momento, si trovava nel palazzo. Era l’ora di pranzo, nelle case c’è chi aveva appena finito di mangiare o chi si stava per mettere in tavola. Un giorno di festa che nell’arco di qualche secondo si è trasformato in un incubo che difficilmente si dimenticherà.

L’IDENTIFICAZIONE
Solo in serata si è saputo qualcosa in più sulla vittima dell’incidente grazie all’identificazione dei familiari che hanno capito che si trattava del loro caro.

Così l’immagine di quel cadavere morto asfissiato ha avuto un nome e un cognome: dell’anziano nato a Velletri ottanta anni fa. Avrebbe compiuto i suoi 81 anni il prossimo 18 ottobre. Un anziano che non ha voluto perdere tempo per cercare di sopravvivere in quell’inferno improvviso di un Due giugno da dimenticare per i residenti di questa periferia popolare romana. Lui, che ha lottato con tutte le sue forze per superare le fiamme, per colpa del fumo troppo intenso, alla fine non è più riuscito a respirare. 

STROZZATO
Si è accasciato a terra, strozzato da quel fumo che è stato sempre più forte, insistente, insopportabile. Prima è stato stordito, poi senza alcuna possibilità di respirare, con i polmoni completamente bloccati. Una morte senza appello, senza il sostegno dei medici che avrebbe trovato invece proprio sotto il piazzale del palazzo, con una macchina dei soccorsi presente in massa per aiutare i tanti intossicati e ustionati. Lui, invece, è stato trovato lì, nel palazzo. E proprio perché si sospettava che ci fosse un secondo caso come quello di Antonio D’Amato, i vigili del fuoco hanno chiesto di entrare, appartamento per appartamento, per cercare di vedere se ci fossero altri asfissiati. Perché in casi del genere è facile rimanere in trappola. 

ANZIANI
Moltissimi gli anziani come Antonio che popolano il caseggiato di via Edoardo D’Onofrio. Tanti di loro sono sfollati e hanno trovato alloggio dai parenti, preferendo le case private alle brandine allestite nella vicina scuola. Qualcuno è riuscito a trovare una sediola e aspetta che i soccorsi finiscano quantomeno lo spegnimento delle fiamme. Una donna, con una maglietta bianca sporca di fuliggine, commenta: «Non è possibile morire così, asfissiati, a casa propria. La beffa ancor più grande è perdere la vita mentre si fugge. Una storia che mi ricorda tanto quanto accaduto a Pompei, dove sono stati trovati corpi di persone asfissiati. Ecco, nel 2023 abbiamo avuto anche noi il nostro inferno». 
 

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