Bochicchio, a Roma il funerale segreto: l’ultimo capitolo del mistero del broker che ha truffato i vip

La famiglia vuole evitare il pressing dei creditori. L’imbarazzo degli amici raggirati

Bochicchio, a Roma il funerale segreto: l’ultimo capitolo del mistero del broker che ha truffato i vip
di Valeria Di Corrado
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Sabato 3 Settembre 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 19 Settembre, 16:05

Aleggiano fino all’ultimo i misteri sulla morte di Massimo Bochicchio, il broker accusato di aver truffato decine di vip romani con promettenti investimenti. Nonostante la Procura di Roma abbia dato alcuni giorni fa il nulla osta alla sepoltura del corpo, rimasto carbonizzato in un incidente stradale dalla dinamica strana avvenuto lo scorso 19 giugno alla periferia nord della Capitale, dalla famiglia non si hanno ancora notizie sulla data del funerale.

Eppure adesso, dopo due mesi e mezzo di attesa, le carte ci sono: compreso il certificato di morte rilasciato dal Comune di Roma dopo che la genetista dell’Università “La Sapineza” ha accertato che il dna di quel cadavere irriconoscibile è di Bochicchio.

Questo estremo riserbo lascia intendere che si vogliano celebrare delle esequie in forma strettamente riservata, quasi segreta.

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AMICI-NEMICI

Le spiegazioni possono essere diverse. Probabilmente si vuole togliere dall’imbarazzo di partecipare all’ultimo saluto del broker i tanti suoi ex amici che, non essendo più riusciti a riavere i capitali milionari investiti, sono stati costretti a denunciarlo per truffa e appropriazione indebita. Tra questi ci sono - solo per citarne alcuni - i calciatori Stephan El Shaarawy ed Evra, l’allenatore Antonio Conte, il procuratore sportivo Federico Pastorello, la scrittrice Barbara Prampolini, l’ambasciatore Raffaele Trombetta e il fisioterapista Massimiliano Mariani.
Il segreto di Bochicchio, infatti, era diventare amico dei suoi clienti, condividerne gli interessi e le vacanze, per poi carpirne fiducia e denaro, con la prospettiva di realizzare “l’affare della vita” sulla base di un algoritmo infallibile (che permetteva di ottenere rendimenti del 10%) e un rischio pari a zero.

Per 20 anni il broker 56enne, originario di Capua, ha preso in giro decine di professionisti, facendosi consegnare almeno 600 milioni di euro. Come hanno scoperto i finanzieri del nucleo di polizia valutaria, «gran parte delle somme investite non sono state impiegate nella sottoscrizione di strumenti finanziari». Una parte è senz’altro finita sui suoi conti correnti, quelli dei familiari (ora indagati per riciclaggio) e del socio Sebastiano Zampa. Per questo motivo, ancora ora, nonostante al corpo di quel motociclista reso irriconoscibile dalle fiamme sia stata data l’identità di Massimo Bochicchio, molti continuano a pensare che non sia realmente lui, ma l’ennesima truffa del “pirata della finanza”. C’è chi è convinto, nella sua immaginazione, che il broker si trovi in un Pese caraibico.

 

LE MINACCE

La volontà di tenere segreta la data del funerale potrebbe essere dettata anche dal timore della moglie, Arianna Iacomelli, di vedersi di nuovo pressata da creditori senza scrupoli. Lei stessa, in un’intercettazione, parlava di «gente brutta brutta» che la chiamava o le bussava alla porta. Nell’inchiesta per riciclaggio in cui era indagato Bochicchio si faceva infatti riferimento a «una vicenda dai profili fraudolenti nella quale avrebbe restituito solo il 40% di un investimento posto in essere per conto di un soggetto vicino alla cosca mafiosa Santapaola».

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L’AUTOPSIA

L’esame autoptico ha chiarito che il broker è deceduto per i traumi causati dal violentissimo impatto contro la parete del muro di cinta dell’aeroporto dell’Urbe di Roma, su cui si è schiantato mentre era in sella alla sua moto Bmw. Non è stato quindi arso vivo dalle fiamme. Il giallo sulla morte, però, non è risolto. Resta infatti da capire cosa abbia provocato l’incidente stradale. L’autopsia ha escluso un evento clinico acuto come un infarto; mentre gli esami tossicologici hanno escluso l’assunzione di qualsiasi tipo di sostanza. Quel che è certo è che non c’erano altri veicoli coinvolti e che la strada - un rettilineo - in quel punto non presentava imperfezioni: né buche, né dossi. Sarà la perizia sulla motocicletta a stabilire se ci sia stato un malfunzionamento meccanico o dell’impianto frenante (anche se sull’asfalto non sono stati trovati segni di frenata). Purtroppo le telecamere della zona non hanno ripreso nulla di utile alle indagini. L’ipotesi di reato, al momento, resta istigazione al suicidio.
 

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