Baby prostituta a 13 anni denuncia la nonna aguzzina: «Mi picchiava col bastone, non volevo sposare l'uomo scelto da lei»

La ragazzina rom ha trovato la forza di denunciare la donna

Baby prostituta a 13 anni denuncia la nonna aguzzina: «Mi picchiava col bastone, non volevo sposare l'uomo scelto da lei»
di Michela Allegri
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Venerdì 16 Dicembre 2022, 23:12 - Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 14:46

Il suo sogno era quello di vivere come ogni ragazzina della sua età: andando a scuola, studiando, uscendo con le amiche il pomeriggio, avendo anche un fidanzatino. Invece, la nonna l’avrebbe costretta a rubare e anche a vedersi per strada. E così lei, una tredicenne di origine rom, determinata a fuggire da quella vita d’inferno, ha deciso di chiedere aiuto e di sporgere denuncia. Ora è stata allontanata dal campo nomadi dove viveva, sulla Tiburtina, ed è stata affidata a una famiglia. Mentre la nonna, che esercitava su di lei e sui fratelli la patria potestà dopo la morte dei genitori, è finita sotto processo con le accuse di maltrattamenti e induzione alla prostituzione minorile. «Mi accompagnava sulla strada a piedi dal campo nomadi, poi mentre mi appartavo con i clienti lei si nascondeva dietro un cespuglio. La sentivo sghignazzare», è il senso delle dichiarazioni della ragazzina, rilasciate agli inquirenti in audizione protetta, assistita da uno psicologo.

Le botte

E ancora: «Mi picchiava con un bastone quando mi rifiutavo di andare a rubare».

Non è finita: «Voleva che sposassi un uomo deciso da lei». Accuse sulle quali, nel corso della prossima udienza, l’imputata dovrà pronunciarsi il giudice. La nonna della ragazzina, Bisera A., classe 1963, ha chiesto di essere ascoltata. Nega tutte le contestazioni: dice di non avere maltrattato la nipote e, soprattutto, di non averla mai costretta a vendere il suo corpo. A sostenere la tesi della donna ci sono anche i fratelli della minorenne. Ma dalle indagini sembra essere emersa una storia diversa. E così per la donna è stato disposto il giudizio e, a breve, arriverà anche la sentenza.

La denuncia

I fatti risalgono al 2018. Per riuscire a fuggire dal campo rom la ragazzina aveva chiesto aiuto anche al portiere di un palazzo che si trovava vicino alla sua scuola: gli aveva raccontato dei maltrattamenti e lui aveva cercato di aiutarla, dandole del denaro e spingendola a denunciare. Così, recuperato il coraggio, la tredicenne si è rivolta ai carabinieri. Ha detto di essere stata picchiata molte volte, anche con un bastone, a causa di quella che la nonna definiva insubordinazione, ma che, in realtà, era solo il desiderio di condurre una vita da adolescente: indossare gli abiti che piacevano a lei e che erano simili a quelli delle compagne di classe, giocare con i trucchi, studiare. Invece, la donna pretendeva che la nipotina rubasse e le consegnasse il denaro “guadagnato”. E, secondo l’accusa, avrebbe preteso anche che vendesse il suo corpo: la avrebbe accompagnata personalmente, aspettando sul ciglio della strada per poter intascare i soldi.

Il racconto

Il racconto della ragazzina è drammatico: la donna l’avrebbe picchiata a bastonate quando rifiutava di ubbidire agli ordini e anche quando aveva iniziato a frequentare un ragazzino, visto che pretendeva si sposasse con un uomo che lei avrebbe scelto. La versione della ragazzina, alla quale hanno creduto gli inquirenti, viene respinta dagli altri componenti della famiglia. «Voleva solo fuggire dal campo nomadi», ha raccontato uno dei fratelli, che sostiene che le accuse nei confronti della nonna siano state almeno in parte inventate, soprattutto per quanto riguarda l’ipotesi di induzione alla prostituzione. A decidere, ora, sarà il giudice.

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