La premessa serve a guardare con più razionalità e senza diffidenza ad un evento, l’arrivo di Starbucks, in zona Prati. Ha alimentato il dibattito sui social, che già aveva avuto dei prequel quando la notizia era ancora nel territorio dell’incertezza, se non del fake.
C’è chi grida al sacrilegio perché ritiene che il caffè espresso sia un patrimonio italiano che non può diventare oggetto di conquista per la multinazionale che, secondo i conservatori, servirebbe prodotti di scarsa qualità a prezzi troppo alti. Molti altri invece pensano l’esatto contrario: a Roma la qualità media (con le dovute eccezioni) dei bar e dell’espresso non è memorabile, lo sbarco di Starbucks può dare una scossa, tenendo conto che i turisti, anche i più avventurosi, ogni tanto cercano un ambiente conosciuto e di cui conoscono le liturgie. «Frappuccino» o «che me fai un latte macchiato con latte freddo, poca schiuma»: che la sfida abbia inizio.
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