Il diritto di dormire nonostante le campane

di Pietro Piovani
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Giovedì 24 Luglio 2014, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 22:50
La certezza della domenica mattina sono le campane della Chiesa che suonano e non ti fanno dormire

@GabrioGamma




Come era bella l'epoca in cui tutti si svegliavano con il gallo e andavano a letto con le galline. La sera, quando le campane suonavano il vespro, i romani si ritiravano nelle loro case, per le strade restavano solo i delinquenti mentre la gente perbene andava a nanna. Al sorgere del sole le campane davano la sveglia alla città avvertendo la gente perbene che era l'ora di rimettersi in moto.

Oggi quel mondo non esiste più, tutto è cambiato. Tutto tranne una cosa: le campane. E possono diventare un problema nella città che può vantare la più alta concentrazione di campanili al mondo («Ce saranno venti case ma ce sò duemila chiese» si canta in “Rugantino”). Nella società moderna i tempi della vita e del lavoro sono flessibili, c'è tanta gente che nelle ore notturne deve restare in piedi per compiere il proprio dovere. Netturbini, panettieri, poliziotti e vigili del fuoco, piloti d'aereo, tassisti e autisti d'autobus, medici e infermieri, operai, addetti ai call center. Questi lavoratori che svolgono turni disagiati avranno pure il diritto di recuperare un po’ di sonno alla mattina senza essere considerati dei perdigiorno. E invece no, il sonno mattutino è ancora visto come un lusso per gente poco produttiva e di scarsa moralità, come se fossimo ancora nel 1855, l'anno in cui l'americano Benjamin Franklyn scrisse un saggio sul tema: «Andare a letto e svegliarsi presto rendono l'uomo sano, ricco e onesto».




pietro.piovani@ilmessaggero.it