Il teatro in carcere è diverso se ad andare in scena sono le donne

Il teatro in carcere è diverso se ad andare in scena sono le donne
di Pietro Piovani
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Lunedì 26 Ottobre 2020, 00:40 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 14:29

Nel penitenziario di Rebibbia il teatro si fa ormai da molto tempo, ma per anni le messe in scena sono state solo maschili. Solo dal 2013 si sono cominciati ad allestire spettacoli con le donne. «Mi dicevano tutti: lascia stare, con le donne è complicato» racconta Francesca Tricarico, la regista e coordinatrice dell’attività teatrale nella Rebibbia femminile. «Le detenute vivono il carcere con un’emotività diversa, spesso devono sopportare l’allontanamento dai figli, hanno forti sbalzi di umore, conquistare la loro fiducia è più difficile. Però - prosegue la Tricarico - quando riesci a entrare nel mondo di una detenuta, la sua partecipazione è totale». I mesi del covid hanno stravolto le regole del carcere, tutto si è interrotto. Ma poi - almeno fino al Dpcm di ieri - il progetto teatrale della Rebibbia femminile (che ha il nome “Le donne del muro alto”) è riuscito a ripartire. E si è sdoppiato in due compagnie: quella di chi è ancora in carcere e quella di chi invece ha ottenuto i domiciliari o l’affidamento in prova.

Sono molte le detenute che, proprio per le misure di sicurezza contro il covid, hanno ottenuto di scontare la pena fuori dal carcere, e il ritorno nel mondo dei liberi spesso è traumatico, senza un aiuto a inserirsi nella vita "di fuori". «Il teatro può essere un sostegno» dice la Tricarico. La compagnia esterna ha lavorato nei mesi scorsi a un audiolibro dello spettacolo “Ramona e Giulietta”, versione omosessuale di “Romeo e Giulietta” ambientata nel carcere femminile. «Con noi c’è una signora di 73 anni, ha passato nove anni in cella e ora è ai domiciliari. Per venire alle prove si fa tre ore di viaggio con i mezzi, con la mascherina. L’ho detto: se le riesci a conquistare, l’adesione è totale».

pietro.piovani@ilmessaggero.it

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