Roma, città delle reti arancioni: l'attesa del cantiere è essa stessa il cantiere

La rete avvolta dalle fronde a via Leonardo Bufalini, Torpignattara, Roma
di Pietro Piovani
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Lunedì 4 Novembre 2019, 01:06 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 05:44
Il simbolo della Roma contemporanea - lo hanno già notato in molti - forse è la rete arancione da cantiere: quel nastro di plastica che delimita le buche nell'asfalto, i marciapiedi sconnessi, le balaustre pericolanti, le scale mobili inagibili della metro. Icone di una città dove la manutenzione è soprattutto una promessa, dove l'attesa del cantiere è essa stessa il cantiere. Esemplare il caso di via Bufalini, a Torpignattara. Un anno fa il vento buttò giù un grande albero. La carcassa del povero olmo venne subito rimossa, ma là dove prima affondavano le radici è rimasta una profonda voragine, premurosamente circondata dalla nostra cara, familiare recinzione color arancio.

Sono passati i giorni, le settimane, i mesi, è passato un intero anno: la voragine è ancora là, la rete in polietilene pure, fa parte stabilmente del paesaggio, si vede anche su Google Maps. Nel frattempo dalla fossa sono spuntati i primi ciuffi di erbetta, e sono diventati piante sempre più rigogliose, hanno invaso il marciapiede e hanno avvolto la rete arancione, che ora a stento si intravede tra le fronde. Riuscirà la recinzione a fermare l'avanzata della vegetazione?

Viene il dubbio che le reti non servano a recintare le buche e le strade rotte, ma semmai il contrario: bisognerebbe rovesciare la prospettiva, il lato l'interno del recinto è quello dove siamo noi, i recintati sono i romani, chiusi in un pollaio come animali da cortile, a difesa della loro incolumità.

(Nella foto di Rossella Benevento, la rete arancione avvolta dalle fronde in via Leonardo Bufalini)

pietro.piovani@ilmessaggero.it 
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