Giro d'Italia, quelle proteste e violenze che inquinano lo sport

Giro d'Italia, quelle proteste e violenze che inquinano lo sport
di Marco Pasqua
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Lunedì 28 Maggio 2018, 00:18 - Ultimo aggiornamento: 00:22
Cosa c’entrano i blitz e gli insulti degli anti-israeliani, con il Giro d’Italia? Che c’entra la bandiera palestinese con un ponte intitolato a Settimia Spizzichino, unica donna sopravvissuta alla retata del 16 ottobre 1943? La risposta dovrebbe già essere implicita nella domanda se non fosse che una sparuta minoranza di cittadini ha inteso macchiare questa competizione ciclistica con rivendicazioni che con lo sport non hanno nulla a che vedere. Sul “banco degli imputati” di questo esercito di cosiddetti filopalestinesi c’è Israele: il pretesto, in questo caso, è stato offerto dalla partenza del Giro da Gerusalemme. Da qui, discendono le manifestazioni nelle varie città italiane attraversate, in questi giorni, dalla gara: danneggiamenti, scritte offensive contro i cittadini israeliani (con tanto di invito a boicottare i loro prodotti), minacce di veri e proprio attacchi contro il Ghetto romano, persino olio e chiodi lasciati sul tracciato (è successo a Torino). Il tutto preceduto da vertici per la sicurezza, neanche si trattasse di un G20. E’ sempre lecito manifestare il proprio dissenso, ma questo non si può tradurre in aggressioni (quattro turisti spintonati e insultati, ieri, a Roma, dagli antagonisti pro-Pal, perché definiti “di destra”) e tentativi di bloccare la corsa con un’invasione del tracciato (solo l’ intervento della polizia, con fermi e denunce, ha impedito che la situazione degenerasse). Ricordano, queste proteste scomposte, quegli slogan antisemiti che, spesso, macchiano il mondo del calcio e le curve. 

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